Pinne di squalo, zuppa fuori menù

by Sergio Segio | 9 Settembre 2011 6:39

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Quando sarà  in vigore, con effetto dal primo gennaio 2013, la nuova legge vieterà  la vendita, acquisto o possesso di pinne di squalo, ingrediente principale di questa prelibatezza della cucina cinese.
La California segue le Hawaii, l’Oregon, lo stato di Washington e il territorio Usa di Guam, dove la zuppa di pinne di pescecane è già  al bando. Ma qui il dibattito è stato più acceso che ovunque: perché la California, con 1,1 milioni di cinesi-americani, è il più grande mercato per le pinne di pescecane fuori dall’Asia. E quando la legge è stata discussa al Congresso californiano, all’inizio dell’anno, ha suscitato grandi discussioni. La bozza di legge infine approvata era stata scritta dal deputato Paul Fong, democratico (nato in cina), ma poi ha spaccato virtualmente a metà  la pattuglia di deputati cinesi-americani.
Per i sostenitori della legge, la sua necessità  è evidente: proteggere gli squali, quindi gli ecosistemi oceanici. Molti oppositori hanno però obiettato che la legge è discriminatoria, perché mette al bando un piatto favorito da una intera comunità  – ricercatezza tipica da banchetti di nozze e altre occasioni speciali – mentre, dicono, non ci sono specie di squali minacciate nei mari americani. Oltretutto la legge è ipocrita, parla di pinne ma non obietta alla vendita di bistecche di pescecane, insistono i partigiani della zuppa…
La realtà  è che gli squali sono sì minacciati. Non tutti, forse, ma secondo la «Lista rossa delle specie minacciate» aggiornata nel 2010 dalla Iucn (Unione mondiale per la conservazione della natura), il 17% delle 1.044 specie di squalo note al mondo sono a rischio di estinzione (e del 47% delle altre specie sappiamo così poco che non è neppure possibile stimare se siano minacciate o no). Altri sono più pessimisti: il 30% delle specie mondiali sono minacciate o vicino all’estinzione, secondo la «campagna globale per gli squali» del Pew Environment Group; alcune popolazioni, come lo squalo-martello e altri che vivono lungo la costa orientale degli Stati uniti, sono diminuite dell’80% dagli anni ’70. La principale minaccia specifica è la pesca intensiva: e gli squali sono particolarmente vulnerabili perché crescono lentamente, possono vivere fino a 100 anni, hanno tassi di fertilità  molto bassi, cosìcché una popolazione ha poche chances di sopravivere se decimata.
Su una cosa non ci sono dubbi: sono proprio le pinne ad alimentare la caccia allo squalo. Qualcosa come 73 milioni di squali vengono uccisi ogni anno solo per togliergli la pinna, che sul mercato vale almeno 600 dollari alla libbra (meno di mezzo chilo)…
La cosa fa discutere da tempo e l’anno scorso il Congresso degli Stati uniti ha approvato una Shark Conservation Act, legge per la conservazione dello squalo che rafforza la protezione contro la pratica detta «shark finning», tagliare le pinne e ributtare lo squalo in mare – dove ormai incapace di equilibrio, è destinato a sanguinare fino alla morte. In teoria il taglio della pinna era vietato già  da un decennio per la legge Usa, ma la norma precedente non vietava di avere e rivendere pinne ottenute illegalmente, purché non fossero state tagliate dallo squalo a bordo di un peschereccio americano: così la scappatoia era semplice, bastava dire che erano state tagliate da altri.
Ora la California va oltre: non sarà  solo vietato uccidere squali in acque americane – sarà  vietato anche comprare pinne altrove per farne zuppe.

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