Pensioni, Sacconi riapre lo scontro “Avviso comune sulla riforma”

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ROMA – Maurizio Sacconi, ministro del Lavoro, ci riprova. Punta a dividere il fronte delle parti sociali che con la firma dell’accordo sulla contrattazione ha ritrovato una unità  di intenti oltre che di critica all’immobilismo del governo. Questa – a freddo – la mossa del ministro: un invito a Confindustria e sindacati perché propongano un avviso comune per aggiornare il sistema pensionistico sapendo che, in questo momento, le rispettive posizioni sono incompatibile. Da Cgil, Cisl e Uil è arrivato, infatti, un no secco alla proposta; nessun commento, invece, dagli industriali che però nel manifesto che stanno scrivendo insieme alle altre organizzazioni imprenditoriali “Per salvare l’Italia” diranno che è, tra l’altro, necessario cancellare l’anomalia italiana delle pensioni di anzianità  e accelerare l’aumento dell’età  per le donne.
«Le parti sociali – ha detto il ministro – dovrebbero parlare tra di loro di lavoro e pensioni. Se fossero capaci di trovare un punto di incontro sulle pensioni aiuterebbero il governo». In particolare Sacconi auspicherebbe una proposta per gestire la transizione verso l’aumento a 65 anni dell’età  pensionabile delle donne, verso il progressivo incremento dell’aspettativa di vita, verso il graduale superamento delle pensioni di anzianità .
Con la sua proposta, dunque, Sacconi ha voluto dimostrare come sia fragile l’asse tra Emma Marcegaglia, presidente degli industriali, e i leader sindacali. E che dunque sia possibile prevedere che al primo ostacolo le loro strade si divideranno. Nello stesso tempo, però, l’uscita di Sacconi sta lì a confermare il fastidio con cui il governo, e in particolare proprio il titolare del Lavoro, abbia vissuto la riconcilazione tra le parti sociali (dopo la serie di accordi separati senza la Cgil) che all’inizio di questa settimana hanno firmato l’intesa sulla contrattazione definita il 28 giugno scorso (integrata da una postilla che nei fatti congela l’articolo 8 della Manovra finanziaria, quello che permette di derogare allo Statuto dei lavoratori). Una indiretta conferma di questa tensione tra governo e parti sociali è arrivata ieri dalle parole sempre di Sacconi: «L’articolo 8 non è stato sterilizzato, è operoso, è a disposizione di chi vuole usarlo». Ma il punto è proprio questo: Confindustria, Cgil, Cisl e Uil hanno detto e scritto che non intendono utilizzarlo. Si vedrà  quanto reggerà  l’alleanza sindacati-imprese. Perché, certo, lo stesso segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, ha riconosciuto ieri come con la Confindustria vi sia una sorta di «fronte comune» sulla necessità  di imprimere una crescita al Pil nazionale, ma come siano diverse le ricette con cui conseguirla. Ha infatti aggiunto Camusso: «Se Confindustria insiste sull’idea che lo strumento è quello delle pensioni, continuiamo a non condividere e pensare che sia la strada sbagliata».
Ieri, però, Sacconi ha fatto anche una marcia indietro. Perché sarà  rivisto il regolamento approvato dal Consiglio dei ministri sulla composizione del Cnel. Regolamento che dimezza i componenti delle rappresentanze sociali, ma non i membri tecnici di nomina politica, né i rappresentanti delle associazioni del volontariato. «La norma sarà  presto corretta – ha detto Sacconi – imprese e sindacati non hanno ragione di preoccuparsi».


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