Pechino ora punta al cielo

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 PECHINO. Il sogno di mettere su la prima stazione orbitante interamente «made in China» da ieri sera è a portata di mano. Il «Tiangong-1» (Palazzo celeste), primo modulo di un complesso che dovrebbe garantire a Pechino una presenza costante nello spazio per esplorazioni scientifiche, è stato lanciato con successo dalla piattaforma di Jiuquan nel deserto del Gobi, nella regione del Gansu.

Le copertine dei giornali del mattino, il tam tam sul web e le dirette televisive hanno scandito il conto alla rovescia mediatico di quella che viene considerata una «pietra miliare» per il paese alla vigilia del 62° anniversario della proclamazione della Repubblica popolare, che ricorre domani. A seguire l’evento dal centro di controllo della capitale c’erano i vertici del Comitato centrale del Pcc i quali – dopo che il razzo «Lunga marcia 2 F» che l’ha mandato in orbita si è staccato dal «Palazzo celeste» – si sono congratulati stringendo la mano a scienziati e ingegneri sorridenti nei loro camici bianchi.
Lungo 10,5 metri, con un diametro massimo di 3,35, «Tiangong-1» ha un’autonomia di due anni. Il momento più difficile è previsto nei prossimi mesi. Entro la fine dell’anno infatti, «Tiangong-1» dovrà  essere agganciato – nella sua orbita a 340 chilometri sopra la superficie terrestre – da Shenzhou VIII, anch’esso senza passeggeri. Si tratterà  del primo attracco cinese nello spazio, che entro il 2013 dovrà  essere emulato da quelli di Shenzhou IX and X, questa volta con almeno un paio di astronauti a bordo ognuno.
Il lancio di «Tiangong-1» rappresenta un’ulteriore tappa di un viaggio che dovrebbe culminare – entro il 2020 – nella nascita di una stazione orbitante nella quale astronauti e scienziati potranno lavorare per diversi mesi. Il primo gradino era stato scalato nel 2003, quando la capsula «Shenzou» aveva permesso agli astronauti cinesi (finora sei) di essere catapultati nello spazio.
Il secondo, delicatissimo passaggio, sarà  quello dell’attracco in orbita, manovra che russi e statunitensi sono riusciti a fare già  a partire dagli anni ’60 ma nella quale c’è sempre il rischio che i moduli si distruggano nel corso della complessa manovra di incastro.Con il lancio di ieri, la Cina – che ha anche l’obiettivo di mandare astronauti sulla luna – resta l’unica nazione impegnata a costruirsi da sola una stazione orbitante. Russi, statunitensi, canadesi, giapponesi ed europei – anche per la necessità  di ridurre i costi – collaborano assieme alla Stazione spaziale internazionale.
Ma che senso ha per Pechino ripercorrere da sola il sentiero già  tracciato da altri? «L’acquisizione da parte della Cina di nuove tecnologie come portaerei, treni ad alta velocità , sistemi anti-satellite e così via non è giustificata dal suo valore intrinseco, ma perché la leadership del Partito comunista le vede come simboli che distinguono le grandi potenze dai loro rivali» ha spiegato sul sito internet della Bbc Michael Sheehan, docente di studi strategici all’Università  di Swansea.
Dopo le polemiche per l’incidente alla metropolitana di Shanghai in cui tre giorni fa sono rimaste ferite 200 persone (secondo le prime indagini imputabile al malfunzionamento di un congegno costruito dalla stessa azienda che aveva fabbricato quello che due mesi fa aveva causato il disastro ferroviario di Wenzhou) è arrivata l’ora di festeggiare. Il «Palazzo celeste» è la prova simbolica che la Cina sta emergendo come superpotenza del XXI secolo. Con tutte le sue contraddizioni.


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