Paura nel sito nucleare francese

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MARCOULE (Francia) — Un pomeriggio vissuto con il fiato sospeso. Ore e ore passate ad aspettarsi il peggio, cioè la fuoriuscita di una nube radioattiva. Fino all’annuncio ufficiale dell’Asn, l’Autorità  per la sicurezza nucleare francese che sulle prime aveva ipotizzato un «perimetro di sicurezza» attorno all’impianto e che dopo numerosi controlli ha fatto sapere: «Non ci sono state fughe radioattive, l’incidente è chiuso».
Succede tutto a pochi minuti da mezzogiorno. Un’esplosione squarcia una fornace dell’impianto di trattamento delle scorie nucleari a bassa attività  del sito di Centraco, vicino a Marcoule, sud della Francia. Quel luogo è gigantesco, si estende per 300 ettari e comprende anche un centro per le ricerche e quattro siti industriali, incluso uno che produce il combustibile Mox, una miscela di uranio e plutonio. Nello scoppio della fornace un uomo muore carbonizzato e altri quattro restano feriti gravemente, uno è in condizioni disperate. Si saprà  poi che l’incendio viene domato nel giro di un’ora e mezzo e che nessuno dei feriti è contaminato da radiazioni, ma è comunque impossibile fermare il panico delle prime ore. Nell’area di Marcoule (vicino ad Avignone) la gente si aspetta l’evacuazione e da Imperia a Torino, da Ventimiglia a Genova, i vigili del fuoco ricevono decine di chiamate di persone spaventate che chiedono cosa fare. La centrale nucleare di Marcoule, del resto, si trova a 242 chilometri in linea d’aria da Ventimiglia, 257 da Torino, 342 da Genova. E il ricordo di Fukushima è ancora troppo vicino per lasciarsi convincere del cessato allarme con le rassicurazioni ufficiali.
A Marcoule, il più antico dei siti atomici d’Oltralpe, si trovano tre centrali nucleari di vecchia generazione costruite fra il 1955 e il 1960, tutte da tempo fuori attività  (oggi non ci sono reattori in azione). L’ultima centrale è stata dismessa nel 1984. In pratica non c’è alcuna produzione atomica: soltanto trattamento di combustibile nucleare e di materiali radioattivi che nell’impianto vengono ridotti di volume. Sono scarti che in qualche modo hanno avuto a che fare con ambienti contaminati (valvole, pompe, bulloni, le tute usa e getta dei tecnici, metalli e attrezzature di vario genere, materiali ospedalieri e dei laboratori per la ricerca medica). Il sito è di proprietà  del gruppo francese Edf che ieri, subito dopo la notizia dell’incidente, ha subito forti perdite in Borsa e in serata ha definito «industriale» e «non nucleare» l’incidente. «Non è stata rilevata alcuna contaminazione dalle nostre sei basi nella valle del Rodano», ha confermato la Commissione di ricerca e informazione indipendente sulla radioattività . Resta da accertare la dinamica dei fatti e la stessa Edf ha fatto sapere di aver aperto un’inchiesta per capire come si è arrivati allo scoppio. Anche l’Agenzia internazionale per l’energia atomica vuole saperne di più e ieri sera il suo direttore generale ha chiesto alla Francia informazioni sull’esplosione, mentre dall’Italia il ministro Stefania Prestigiacomo coglie l’occasione per chiedere che l’Italia «renda operativa e autorevole l’Agenzia per la sicurezza nucleare» e il Wwf, per bocca di Sergio Ulgiati, dice che «il pericolo c’è» e invoca l’«intervento dell’Unione Europea».


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