Patrimoniale e stop alle pensioni d’anzianità governo pronto a raschiare il fondo del barile
ROMA – Cinque versioni, ma potrebbe non bastare. I dubbi di Bruxelles sul gettito della lotta all’evasione fiscale su cui fa perno buona parte dell’ultima versione della manovra rischiano di riaprire il nevrotico marasma delle misure volte alla correzione della finanza pubblica e al raggiungimento del mitico pareggio di bilancio nel 2013. Berlusconi nega, il governo smentisce, ma non è escluso che con la nuova «Finanziaria» 2012, da varare nelle prossime settimane, siano necessari nuovi e dolorosi interventi sui conti pubblici.
La partita senza fine segnata da una sessione di bilancio che dura da mesi potrebbe non essere arrivata al capolinea. E il paese non può tirare l’atteso sospiro di sollievo. Una «manovra della disperazione», come sta avvenendo in Grecia, che nessuno vorrebbe ma che potrebbe essere necessaria. E allora sparate tutte le cartucce possibili, fino all’Iva e al taglio delle spese per l’assistenza, non restano che le misure triturate dalla polemica di agosto e bloccate dai veti incrociati e dai «nyet» della Lega. A partite dal dossier pensioni: mentre la Germania pensa ad elevare l’età di riposo a 69 anni da noi si va in pensione di anzianità a 58,3 anni. La Cisl è contraria, Bossi pure, ma sono in molti all’interno della maggioranza che potrebbero decidersi a tirare la volata ad una misura che abolisca i pensionamenti anticipati. Forti della norma, ormai approvata, che salvaguarda i lavori usuranti, i tecnici, stremati dal lavoro estivo, stanno nuovamente tirando fuori dai computer le ipotesi scartate. Come quella di «quota 100».
L’obiettivo sarebbe quella di «abolire» le pensioni di anzianità , salvaguardando soltanto l’uscita di chi ha 40 anni di contributi. Oggi le norme prevedono che si possa andare in anzianità a quota 96 (max 61 anni) nel 2012 e a quota 97 (max 62 anni) dal 2013: la riforma sarebbe impostata in modo di arrivare a «quota 100» nel 2015 (65 anni più 35 di contributi) attraverso un aumento della quota di un punto l’ anno (97 nel 2012, 98 nel 2013 e 99 nel 2014). Risparmi garantiti a regime: 3,5 miliardi.
Ma sull’ultima spiaggia delle finanze pubbliche, sotto il fuoco dei mercati e della speculazione, ci sarebbero altri bunker nei quali l’Italia potrebbe trovare rifugio. Il più importante resta quello della patrimoniale: la Lega, con la fumosa proposta Calderoli, che mescolava lotta all’evasione e tassa sui ricchi, non è affatto ostile. Per cercare ipotesi di lavoro, prese seriamente in considerazione in agosto dal governo, bisogna cercare tra le proposte della Cgil (che prevede una imposta straordinaria dell’1 per cento sui grandi patrimoni immobiliari sopra gli 800 mila euro) oppure in uno degli emendamenti della controproposta del Pd che indicava una imposta sotto l’1 per cento sui valori di mercato degli immobili. Idee condivise anche da grandi banchieri e dal mondo della finanza, da Montezemolo a Marchionne.
Mentre anche dal ministero del Tesoro giungono segnali: un seminario, nei prossimi giorni, esaminerà la questione della cessione del patrimonio pubblico e delle società locali di servizi pubblici. Impronunciabile la parola «condono»: ma una strada resta aperta per il recupero dell’Iva condonata nel 2002. La Corte di giustizia europea nel 2008 disse che quel condono era nullo: ma i termini di prescrizione erano scaduti e il fisco non poteva più bussare alla porta dei condonati. Ora i termini, dopo una pronuncia della Corte costituzionale, sono stati riaperti per l’intero 2012 anche se non c’è l’obbligo di fare accertamenti a tappeto. Un emendamento del Pd alla manovra prevedeva l’obbligatorietà dell’azione di recupero: il gettito, anche considerando solo il 50 per cento di quanto condonato in un solo anno potrebbe essere di 5,7 miliardi all’anno.
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