Ora anche l’America scopre i “bamboccioni” troppo cara l’autonomia
Se si eccettua “l’assedio a Wall Street” che dura da otto giorni – una manifestazione di protesta contro i banchieri che mobilita qualche centinaio di giovani – le piazze d’America non sono piene di cortei. La parola sciopero si legge sui giornali solo nelle cronache dall’estero. Gli scontri di cui i telespettatori americani vedono le immagini da Atene, il fenomeno degli “indignados” spagnoli, non hanno equivalenti negli Stati Uniti. In un paese con 25 milioni di disoccupati, come si spiega l’assenza di tensioni visibili? L’interrogativo riguarda in particolare i giovani. Colpisce anche l’America quello che in passato era un “morbo europeo”: la Grande Contrazione scoppiata nel 2008 ha trattato peggio le nuove generazioni. La caduta di reddito più pesante nel 2010 è quella che ha colpito la generazione tra i 16 e i 24 anni: meno 9%. Addirittura il 45,3% della fascia compresa tra i 25 e i 34 anni si trova sotto la soglia della povertà (11.000 dollari annui). Di conseguenza è aumentato del 25% il numero di coloro che devono abitare sotto lo stesso tetto dei genitori. Si accentua il fenomeno dei “bamboccioni” d’America, costretti dalla situazione economica a rimanere in casa dei genitori o a farvi ritorno: un comportamento in netto contrasto con le consuetudini consolidate da molte generazioni.
La quota di giovani adulti fra i 25 e i 34 anni che vivono in una “abitazione multi-generazionale” – cioè sotto lo stesso tetto dei genitori e talvolta pure dei nonni – raggiunge un livello che non si conosceva dagli anni Cinquanta. E’ possibile che questo “ritorno a casa” sia, proprio come in Italia e altre nazioni mediterranee, uno degli ammortizzatori sociali che attutiscono gli shock della crisi? In parte sì, grazie alla dimensione sempre più multietnica della società americana. Gregory Warner lo racconta nel suo talkshow radiofonico su Marketplace: «Io ho speso metà del mio primo stipendio per andarmene di casa e affittarmi un appartamento. Nella mia famiglia successo e indipendenza sono due sinonimi. Ma non è così per il mio amico Eugene, 28 anni, figlio di immigrati russi: non può permettersi un affitto e sta a casa dei genitori, ma non vive questo come una forma di dipendenza o un prolungamento dell’adolescenza». La regola del “nido vuoto”, per cui fin dal college le ragazze e i ragazzi dovevano abbandonare la casa dei genitori, è impressa nella cultura Wasp, cioè bianca anglosassone e protestante. Nell’America dei latinos, dei cinesi, dei russi, i sistemi di valori sono molto diversi. La famiglia allargata è un Welfare State autonomo, che può reggere anche quando la destra repubblicana costringe Barack Obama ai tagli sui servizi sociali. Ma la rete delle solidarietà familistiche è solo una delle spiegazioni per l’assenza di forti tensioni sociali. Un’altra, la più importante, la spiega Michael Kazin autore del saggio “American Dreamers: How the Left Changed a Nation”.
Questo storico che ha ricostruito il ruolo di un “sogno di sinistra” nella costruzione degli Usa, avverte che “a volte l’assenza di notizie è la cosa più importante”. E in questo momento la notizia assente è proprio il vuoto di battaglie di massa. «L’unico vero movimento popolare nato in questo periodo – ricorda Kazin – è il Tea Party, cioè una rivolta di destra guidata da veterani del pensiero neoconservatore e finanziata da miliardari, che punta a tagliare ancora la spesa sociale e si oppone alle tasse sui ricchi». Se non esiste nulla di simile a sinistra, secondo Kazin è perché “i grandi movimenti richiedono decenni di gestazione”. E noi viviamo ancora dentro l’onda lunga di un’egemonia trentennale del pensiero conservatore. La destra investì fin dagli anni Settanta nella costruzione di un’egemonia culturale, di una rete organizzativa. E’ così forte la sua presa sull’opinione pubblica, che può permettersi di denunciare come “istigazione alla lotta di classe” la modesta proposta di Obama per una tassa sui milionari che li equipari ai lavoratori dipendenti. Certo a sinistra c’è chi ha saputo sfruttare le nuove tecnologie per creare movimenti adeguati alla nostra società digitale. Il modello è MoveOn, nato a Berkeley, che oggi conta un milione di iscritti. La sua ossatura organizzativa è Internet.
La sua struttura è “bottom-up”, le iniziative salgono dal basso e i vertici le raccolgono. Ha saputo mobilitare i giovani per un’affluenza record alle urne nel 2008, quando vinse Obama. Tuttavia si sente la mancanza di un’ideologia forte che legittimi le lotte sociali, le rivendicazioni redistributive. Pesa la guerra condotta dalla destra per mettere al bando il sindacato da molti luoghi di lavoro: nel privato oggi solo il 7% dei dipendenti appartengono a una Union. MoveOn va forte nella Silicon Valley, ma non raggiunge i fattorini degli ipermercati Wal Mart assunti a salario minimo e senza diritto d’iscrizione sindacale. Privati di una cultura della solidarietà collettiva, senza organizzazioni che canalizzino la sofferenza del mondo del lavoro, per molti americani lottare insieme è un’idea caduta nell’oblìo.
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