Non siamo soli, con noi milioni di lavoratori
Siamo convinti che non bisogna rassegnarsi, che affrontare una crisi economica pesantissima non può significare ridurre diritti e valori, che occorre uscire da un modello di sviluppo economico che ci ha portati in questa situazione.
Questo sciopero generale ha in sé un forte contenuto di trasformazione, un programma, preciso più che in altre occasioni, dove pure era presente. La manovra è brutale e pericolosa. Brutale perché, pur con qualche (importante) emendamento accolto nei lavori della Commissione, il segno è indiscutibile: continuare a colpire giovani, lavoratori dipendenti, pensionati. Dopo ben cinque manovre targate Berlusconi moltissime persone sono ormai alla disperazione, spesso sorrette solo da una grande dignità personale. I tanti che si sono arricchiti in questi anni, che non hanno mai pagato sono solo in piccolissima parte toccati o non lo sono per niente. Pericolosa perché smantella lo stato sociale, il territorio come luogo di comunità , la scuola, fa avanzare ulteriormente una grande privatizzazione del sistema pubblico.
Inaccettabile l’articolo 8 che ridisegna la contrattazione ed il ruolo del sindacato, introduce la libertà di licenziare, regala all’accordo separato alla Fiat un soccorso ora per allora, modifica la costruzione concreta della nostra democrazia per il rapporto strettissimo che lega la democrazia nei luoghi di lavoro e la democrazia nel Paese. Con un accordo aziendale sarà possibile stravolgere contratti nazionali e leggi. Siamo al far west contrattuale, alla fabbrica contro fabbrica, alla territorializzazione di ogni regola e diritto: tutti contro tutti mentre mercato e profitto affermano il primato assoluto. Non ci sono dubbi che la cancellazione del contratto nazionale porterà alla corporativizzazione e alla fine della solidarietà , indebolirà tutti così come la cancellazione dell’art. 18 riporta le lancette della storia del nostro paese agli anni peggiori e più duri.
È grave che Cisl e Uil si limitino ad accettare una scelta di tale gravità . Per quanto ci riguarda è un affronto che non intendiamo subire, né ora né mai. Noi pensiamo che un’altra economia sia possibile, che il mercato non debba essere il regolatore dei diritti, che la democrazia in fabbrica sia il lievito della democrazia reale nel nostro Paese, che il contratto nazionale sia un valore per tutti. Per questo oggi siamo in lotta, talmente isolati che milioni di lavoratrici e lavoratori saranno con noi, nessuno rassegnato a piegare la schiena. Mai.
* segretario confederale della Cgil
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