Niente capitale «a ferro e fuoco» E Gheddafi si rifà  vivo al telefono

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 «Gheddafi? Ormai è una voce che lascia messaggi sulla segreteria telefonica di una tv all’estero». Così Aladdin Salayddin commenta l’ultimo audio-messaggio del colonnello, trasmesso ieri pomeriggio dall’emittente Al Rai, che ha sede a Damasco. Questo ingegnere informatico 40enne, che dice di aver partecipato fin da febbraio alla sollevazione di Fashlium, il primo quartiere di Tripoli insorto contro il regime, non ha dubbi: Gheddafi è finito. «Ha minacciato varie volte di mettere Tripoli a ferro e fuoco. Ha detto che per l’anniversario del 1° settembre ci sarebbero state azioni clamorose. Invece, nulla è accaduto».

In una Tripoli sonnolenta e vuota per il secondo giorno di Aid el Fitr, la festa di fine del ramadan che si conclude oggi, le nuove parole dell’ex rais vengono accolte con ben poca preoccupazione. «Non ci arrenderemo», ha detto il colonnello nell’audio-messaggio, esortando poi i suoi a combattere «in ogni strada, in ogni oasi, in ogni città ».
La capitale in serata appariva soprattutto rilassata dalla giornata finita senza incidenti: la data del 1° settembre, 42esimo anniversario del colpo di stato incruento con cui nel 1969 alcuni giovanissimi ufficiali dell’esercito avevano rovesciato il corrotto re Idriss, era considerata una specie di spartiacque per capire se Gheddafi aveva ancora qualche sostegno in città  e una qualche capacità  d’azione. Dall’altroieri, i controlli si erano molto rafforzati. I ragazzi che si occupano della sicurezza avevano moltiplicato i posti di blocco, monitorando ogni macchina di passaggio e verificando uno a uno i veicoli parcheggiati. Alla fine, il timore diffuso da una voce che si era sparsa in città , secondo la quale erano state approntate decine di autobombe, si è rivelato infondato. «Gheddafi è finito, può solo parlare da sottoterra dove si trova«, conclude Aladdin Salayddin.
E dove si trova Gheddafi? Il Consiglio nazionale transitorio (Cnt) afferma di sapere con certezza che l’ex rais sarebbe a Bani Walid, località  ancora controllata dai lealisti, 180 km a sud-est di Tripoli. Ma questa affermazione va presa con le pinze, se si considera che in diverse occasioni i membri del governo provvisorio si sono distinti per affermazioni perentorie sulle sorti di Gheddafi che si sono poi dimostrate clamorosamente false. Altre fonti segnalano invece che il colonnello si troverebbe a Ghadames, al confine con l’Algeria, e che avrebbe fatto richiesta al governo del paese vicino di poter esser accolto. Ma, a quanto riporta il giornale algerino Al Watan, il presidente Bouteflika non avrebbe nemmeno risposto al telefono mandando a dire che era occupato con problemi interni. L’Algeria ha già  provocato le ire del Cnt per aver accolto la moglie e tre figli di Gheddafi, fra cui la partoriente Aisha, «per ragioni umanitarie».
Sul fronte della guerra, i lealisti hanno ancora il controllo di Sirte, la città  natale del colonnello, di Bani Walid e della città  sahariana di Sebha, tradizionale roccaforte di Gheddafi. Ieri il Cnt ha annunciato che ha prolungato di sette giorni – ossia fino a sabato della settimana prossima – l’ultimatum a Sirte per arrendersi senza combattere: solo l’altroieri, il presidente del Cnt Mustafa Abdel-Jalil aveva detto che sabato alla fine dell’Aid el Fitr, le truppe dei towar, i «giovani rivoluzionari», avrebbero attaccato. Il prolungamento è un segnale evidente che i negoziati stanno producendo qualche risultato.
Una cosa sembra comunque certa. Nonostante i minacciosi proclami verbali, Gheddafi e i suoi sono ormai allo sbando. Prova ne è lo stesso diverso orientamento dei figli del colonnello. Mentre il secondogenito Seif El Islam, già  volto presentabile del regime prima di diventare un hard-liner, ha detto in un messaggio audio inviato alla stessa emittente Al Rai che non si arrenderà  mai, l’altro figlio Saadi avrebbe contatto il Cnt chiedendo garanzie in cambio di una resa. «La nostra leadership è salda. Stiamo bevendo tè e caffè. La vittoria è vicina», ha detto Seif el Islam nel suo messaggio. Ma forse stava bevendo qualcosa di più forte. Smentiti i timori di «azioni clamorose» per la ricorrenza del 1° settembre. Guerra, il Cnt proroga di sette giorni l’ultimatum a Sirte


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