by Sergio Segio | 16 Settembre 2011 6:55
I novanta giorni che di solito servono a Moody’s per sciogliere la riserva sono appena finiti e giusto ieri Confindustria ha detto che il Pil nel 2012 sarà una deviazione impercettibile dallo zero. Se Moody’s condivide queste stime, un taglio del rating italiano è di fatto acquisito. E Moody’s quello scetticismo sulla capacità dell’Italia di crescere, a maggior ragione dopo una maxi-manovra fatta in gran parte di tasse, le condivide. La bocciatura del rating, cioè del giudizio sulla tenuta di un debitore, potrebbe arrivare forse oggi stesso. Dalla sede di Londra dell’agenzia statunitense per ora viene solo un «no comment», mentre molti in Italia e in Europa si stanno già preparando al possibile impatto di mercato di una decisione del genere.
Non è detto che il declassamento, qualora arrivi davvero, provochi troppe scosse fra gli investitori in titoli di Stato. I mercati in realtà hanno già integrato da tempo l’idea di una bocciatura sul rating nei prezzi dei bond: negli ultimi tre mesi il premio di rischio è salito fino a 200 puntibase (2%) in più sopra i Bund tedeschi a scadenza decennale. Il paradosso è che proprio l’aumento sui rendimenti dei Btp, in parte incoraggiato dall’annuncio di Moody’s di tre mesi fa, ora diventa un motivo in più per dichiarare il debito italiano meno sostenibile e dunque declassarlo.
Non sarebbe sorprendente, in ogni caso. Il «voto» di Moody’s sull’Italia resta tuttora più alto di quelli delle altre due grandi agenzie di rating, Standard & Poor’s e Fitch. L’attuale giudizio in Aa2 mette ancora i Btp del Tesoro nella famiglia «ad alta qualità e soggetti a rischi di credito molto bassi» ed è frutto di una linea pragmatica che l’agenzia ha abbandonato con il recente cambio di uomini al comando: fino al 2010 il capofila dell’analisi sui governi era il francese Pierre Cailleteau, ex Banque de France e Fondo monetario (da poco passato a Lazard); oggi invece a Moody’s gli arbitri sull’Italia sono il tedesco Alexander Kockerbeck e l’olandese Bart Oosterveld, protagonisti di una linea meno flessibile.
Più delicato può essere invece l’impatto sul sistema bancario italiano. Il giudizio sul governo rischia infatti di scaricarsi in pochi giorni sugli istituti di credito, nell’ipotesi che un giorno abbiano bisogno di un salvataggio pubblico. In Francia invece può andare al contrario: due giorni fa Moody’s ha declassato Société Générale e Crédit Agricole per la loro esposizione sull’Europa del Sud. Ora invece rischia di concentrarsi sulla Repubblica francese, che ha il massimo dei voti, perché il governo non esclude più di dover ricapitalizzare le banche. Sarebbe un’operazione a caro prezzo, dunque anche Parigi può finire sotto osservazione.
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