Missili spariti dagli arsenali di Gheddafi “A luglio preparò le maschere antigas”

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TRIPOLI – Bluffa forse, ma continua a far paura. Menzogne da «guerra psicologica» quelle relative a una sua fuga in Niger. Gheddafi non s’arrende e in un messaggio audio trasmesso dalla tv Al Arrai basata a Damasco, l’unico media ancora in contatto con lui e con la sua famiglia, torna a farsi vivo. E minaccia. Minaccia il Consiglio nazionale transitorio, «un fronte dei poteri occidentali», e tutti quei «cani traditori» che collaborano con Nato e Regno Unito che stanno bombardando «il nostro paese e uccidendo la nostra gente e i nostri figli». Un chiaro invito alla rivolta contro chi vuole appropriarsi della ricchezze della Libia. La solita rabbiosa sparata, non diversa da tutte quelle che l’hanno preceduta se non rispuntasse lo spettro delle armi chimiche a darle un minimo di credibilità .
Ad alimentare i timori che Gheddafi possa disporre ancora di queste terribili munizioni il ritrovamento nei giorni scorsi di alcuni documenti in una base militare. Ingenti quantitativi di maschere antigas sarebbero stati trasferiti verso Sirte e Jufra, due delle città  ancora in mano ai lealisti. I documenti – secondo il Washington Post – testimonierebbero il trasferimento, avvenuto il 26 luglio scorso, di 2.000 maschere antigas e altrettante tute, di fabbricazione ceca, dalla base di al Ajelat verso Jufrah. Tra aprile e giugno sarebbero state inviate a Sirte 7.500 altre maschere antigas, una gran quantità  di agenti per la decontaminazione, decine di chilogrammi di napalm e 20 lanciafiamme. E sempre nei giorni scorsi in una base militare abbandonata nei pressi di al Ajelat, a una ottantina di chilometri ad ovest di Tripoli, le forze del Cnt avrebbero ritrovato migliaia di maschere antigas e tute di protezione contro armi chimiche e biologiche. Gli stessi comandanti ribelli affermano di temere che i mercenari di Gheddafi possano aver accesso a iprite, il famigerato “gas mostarda”, da usare in un ultimo tentativo di bloccare l’avanzata degli oppositori. Ed è per questo che le forze rivoluzionarie si starebbero muovendo con molta cautela verso Sirte e verso la roccaforte militare nel deserto di al Jufrah. Già  in passato Gheddafi si è servito di gas chimici nella guerra contro il vicino Ciad, nell’87. Ma nel 2003 decise di rinunciare alle armi di distruzione di massa, in cambio di un riavvicinamento con gli Stati Uniti e l’Occidente. Ma si sospetta che nel frattempo non si sia sbarazzato di tutte le sue scorte, mentre un organismo collegato all’Onu sostiene che a febbraio, quando è iniziata la rivolta, Gheddafi disponeva ancora di 11,25 tonnellate di gas nervino. Maschere antigas furono ritrovate nell’arsenale militare dei lealisti del regime, dopo un attacco a Bengasi, già  nel marzo scorso. Forse può non essere più in grado di riconquistare il potere, certo Gheddafi può ancora far male.
E non solo per l’arsenale biologico, ma per la gran quantità  di missili, granate, razzi e mine di cui i suoi uomini potrebbero ancora disporre. Molti degli enormi depositi bellici dell’ex regime oggi si trovano praticamente incustoditi. In uno in particolare, Peter Bouckaert, dell’Ong Human Right Watch, ha trovato oltre centomila mine antiuomo e anticarro. Ma a preoccupare è soprattutto il grande quantitativo di scatole e interi container vuoti. Una parte delle armi sarebbe stata usata dai lealisti per combattere contro i ribelli negli ultimi mesi, ma di un’altra parte si sarebbe persa ogni traccia. Come missili terra-aria di fabbricazione russa «in grado – secondo Bouckaert – di abbattere un aereo civile. Proprio di quel genere di armi di cui gruppi come Al Qaeda o paesi come l’Iran vogliono entrare in possesso». Ecco perché Usa e Nazioni Unite hanno chiesto ai ribelli di mettere al più presto in sicurezza i magazzini, precisando che è in gioco la stabilità  dell’intera regione. Un pericolo che Ahmet Darrat, responsabile degli Interni per il Consiglio nazionale di Transizione dei ribelli, tende a minimizzare: «Sostenere che ci sono gruppi di estremisti armati in Libia è esattamente quello che faceva Gheddafi».


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