Ministeri occupati scioperi, disobbedienti Atene sulle barricate
Nessuno può sapere con certezza che cosa accadrà della Grecia. Il cielo è attraversato da foschi presagi, anche se la vittoria al Bundestag della cancelliera Angela Merkel sul potenziamento del Fondo salva Stati ha regalato al primo ministro George Papandreou qualche brezza di ottimismo. Tanto che il premier, dopo il viaggio a Berlino, ha chiesto un colloquio urgente anche al presidente francese Nicolas Sarkozy. Verrà ricevuto oggi all’Eliseo.
Ma sperare che la volontà della politica e dell’esecutivo socialista del Pasok riesca a placare il panico di un intero Paese è francamente illusorio. La frustrazione dei greci si è ormai trasformata in rabbia incontenibile, e sette ministeri sono stati occupati: alcuni simbolicamente per qualche ora, altri per cercare di impedire l’ingresso degli inviati della troika, gli uomini in grigio della Banca centrale europea, della Ue e del Fondo monetario internazionale, ai quali spetta di redigere l’attestato decisivo. Che dirà se la Grecia è in grado di resistere ancora, oppure se sarà costretta a dichiarare un fallimento che, pilotato o teleguidato, sarà pur sempre un fallimento. Persino se non dovesse comportare l’uscita di Atene dall’area euro.
Il clima sociale in Grecia è decisamente infuocato. I tagli sono feroci. Trentamila dipendenti pubblici riceveranno il 60 per cento dello stipendio e saranno posti in «mobilità », anticamera del licenziamento. Per i pensionati con oltre 1.200 euro al mese, l’assegno dimagrirà del 20 per cento. Quasi inimmaginabile quello che sta accadendo nel settore privato: chi non ce la fa chiude e licenzia senza alcun freno. Un anno fa i giovani si lamentavano d’essere «la generazione 700 euro»; oggi sarebbero contenti di ricevere altrettanto per un posto più o meno sicuro.
I tassisti sono ancora in sciopero per protestare contro la liberalizzazione delle licenze, e il capo del loro sindacato ha minacciato il ministro che il piano «dovrà passare sui cadaveri dei nostri 50 mila iscritti». I partiti dell’estrema sinistra (i comunisti del Kke e il meno dogmatico Syriza) invitano alla disobbedienza, a non pagare — ad esempio — le bollette della luce. Nella cartella bimestrale si pagano, assieme, il consumo di elettricità , le spese comunali, la quota locale delle tasse sulle abitazioni e il canone della Ert, cioè della Rai greca. Ottima razionalizzazione, solo che l’annunciato aumento delle tasse sulle abitazioni rischia di colpire anche chi è stato licenziato o è in «mobilità ».
Il quadro è drammatico, e propone un’equazione praticamente irrisolvibile: trovare il punto d’equilibrio tra le draconiane misure decise dal governo e la capacità della gente di sopportarle. Gli stessi deputati socialisti, pur godendo della maggioranza assoluta in Parlamento, erano pronti ad una clamorosa ribellione pur di non perdere il sostegno del loro elettorato. Sono stati convinti ad approvare la manovra, senza defezioni. Prova di responsabilità indubbiamente, ma è anche vero che il Pasok non teme — in questo momento — la concorrenza del centro-destra di Nuova democrazia, primo responsabile per i conti truccati inviati a Bruxelles, che hanno provocato la crisi.
Va ricordato che sono le città — e soprattutto la capitale Atene — a soffrire la crisi assai più dei centri minori, dei villaggi della Tessaglia o del Peloponneso, dove più forte è il mutuo soccorso familiare, e dove più lontana è la frontiera della fame. L’aumento preoccupante del numero dei suicidi, in un Paese allegro e generoso, è un sintomo assai grave. Come il numero di coloro che chiedono l’elemosina per la strada. O come chi approfitta del buio per rovistare nei cassonetti dell’immondizia, o nei sacchetti lasciati sui marciapiedi perché gli uomini della raccolta differenziata sono in sciopero.
Eppure l’estate turistica, soprattutto nelle isole, si sta chiudendo con una crescita lusinghiera. Contraddizioni di un Paese spaventato. Il vero pericolo è che l’inasprimento dei tagli produca una situazione incontrollabile, con rischi sulla tenuta democratica della Grecia. Il cinismo e la violenza degli ultranazionalisti sono malattie che Atene ha conosciuto molto bene. Anche nel recente passato.
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