Milanese si sospende dal Pdl

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ROMA — Alla buvette di Montecitorio, per venti interminabili minuti, Pier Luigi Bersani gesticola vistosamente e pressa un impassibile Bobo Maroni, lasciando che i cronisti intercettino spezzoni del monologo: «Ma dove ci porta uno messo così? Berlusconi deve comportarsi da uomo e fare un passo indietro… Ci vuole dignità ! — cerca di convincerlo a staccare la spina al governo —. E voi non dovete avere paura di cadere nel vuoto».

La tensione è allo spasimo, l’opposizione conta i minuti nella speranza di assestare il colpo finale. Ma Berlusconi, con un vertice notturno a palazzo Grazioli, prova a serrare le file. A mezzogiorno, nell’aula della Camera, i deputati dovranno prendere una delle decisioni più delicate della legislatura: autorizzare o negare l’arresto per uno di loro, Marco Mario Milanese, già  braccio destro di Tremonti. Scelta cruciale, per il destino di un politico e per quello dell’esecutivo. Il verdetto per il deputato del Pdl, che ieri si è autosospeso dal partito, sembrava già  scritto. Invece ieri, in un Transatlantico sferzato da una corrente di adrenalina bipartisan, la Lega si è ufficialmente ricompattata riaprendo i giochi. A luglio l’ala maroniana del Carroccio fu determinante nel privare della libertà  il pdl Alfonso Papa, ma oggi — salvo colpi di scena — i lumbard negheranno l’autorizzazione richiesta dalla Procura di Napoli.

L’esito della conta finale è nelle mani dei franchi tiratori. Prova ne sia lo scontro, nella riunione dei capigruppo, su quorum e regole d’ingaggio di quella che si annuncia come la battaglia campale. L’autorizzazione all’arresto sarà  decisa a scrutinio segreto con il sistema elettronico, come ha stabilito il presidente Gianfranco Fini. Da qui l’ira del Pdl. Fabrizio Cicchitto voleva votare con l’antico sistema delle palline, per scongiurare il ripetersi di una «votazione teleguidata»: a luglio Pd, Idv e i leghisti vicini a Bobo Maroni rivelarono il loro sì all’arresto di Papa mostrando (e persino fotografando col cellulare) il dito indice della mano sinistra premuto sulla pulsantiera. Ma questa volta niente trucchi. Fini si è appellato ai deputati perché la segretezza del voto sia garantita e ha stoppato Cicchitto: «A norma di regolamento si vota con le palline solo in caso di malfunzionamento del dispositivo elettronico». E un’altra controversia regolamentare ha contribuito a esasperare gli animi. Sempre Cicchitto ha contestato la validità  del quorum perché Papa, rinchiuso a Poggioreale, non potrà  votare. Fini ancora una volta lo ha smentito: «Le Camere hanno piena potestà  anche se il numero dei componenti si riduce».

La maggioranza cammina sul filo di lana. Senza Papa e il pidiellino Pietro Franzoso ricoverato in gravi condizioni, il governo sulla carta può contare su 316 voti. Ma nessuno esclude strappi solitari dei leghisti, né che i sogni più cupi del premier possano diventare realtà . C’è chi parla di «decine» di deputati pdl in sofferenza e punta gli occhi sugli amici di Alemanno, Formigoni, Scajola. Cicchitto assicura che «non ci saranno franchi tiratori», ma Osvaldo Napoli non ne è così convinto e confida nel «soccorso rosso» dei malpancisti democratici. Nel Pd sono in diversi a soffrire il tintinnio delle manette, ma il capogruppo Dario Franceschini allontana i sospetti: «Voteremo tutti per l’arresto».

In Giunta anche Idv e Udc hanno dato il via libera, ma Casini ha lasciato libertà  di coscienza: «Io non lo so cosa accadrà », allarga le braccia il leader udc. È uno di quei voti a maggioranza variabile il cui esito è difficile prevedere. Cosa faranno i «responsabili»? Domenico Scilipoti alimenta la suspense: «Non ho ancora deciso». Ci saranno franchi tiratori nel Pdl? Giorgio Stracquadanio invita i colleghi a non darsi la zappa sui piedi: «Se ogni volta che i magistrati ci chiedono un deputato glielo diamo in manette, chi li ferma più?». E l’udc Enzo Carra pensa già  al dopo voto: «Se salviamo Milanese dovremo chiedere la scarcerazione del povero Papa».


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