Maxi tagli, precari, classi pollaio la scuola parte tra caos e proteste

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ROMA – Il ministro Mariastella Gelmini si sposta fra gli studi televisivi amici e a “Mattino 5”, negando qualsiasi problema per l’avvio dell’anno scolastico – ieri si è partiti in dodici regioni e in una provincia autonoma, quattro milioni di studenti in tutto, entro lunedì saranno in classe i restanti 3,8 milioni -, ha modo di ricordare la figlia Emma, un anno e mezzo: «Cresce bene, non sente la crisi». Intorno a lei il caos dell’avvio della scuola italiana, peggiore del solito.
La crisi e la successiva manovra economica hanno regalato l’ultimo taglio: -38% ai fondi distribuiti ai singoli istituti, da 127 a 79 milioni. Incideranno su gite, attività  extra. Il centro del caos restano, però, le graduatorie appese negli uffici scolastici di ogni provincia: docenti sottratti e dirottati altrove, docenti assegnati a scuole che non ne hanno bisogno. Si era capito in estate che il ritardo degli abbinamenti classe-insegnante era netto: il rinfresco delle graduatorie nell’ultima settimana ha regalato colpi di mano arbitrari. «I ricorsi sono in crescita e rallentano il lavoro», spiegano al Provveditorato di Roma. Nel paese metà  delle cattedre liberate dai pensionati sono rimaste libere, solo a Foggia ottanta insegnanti vagano senza meta. La Gelmini insiste, poi, sulla crescita del tempo pieno conteggiando anche il tempo prolungato (tutto ciò che è superiore a 27 ore), ma non garantisce a quest’ultimo il secondo docente.
Per la mancanza di bidelli alla Carlo Levi di Bari si possono utilizzare i bagni solo due ore al giorno. Alla Novelli di Pisa, elementare, sono stati i genitori a fermare le lezioni: da mesi in aula crollano gli intonaci. In un istituto tecnico di Ivrea uno studente bocciato in quarta non potrà  ripetere l’anno: non c’è più posto. Per le classi pollaio il Codacons ha messo a disposizione un numero verde mentre studenti e sindacati stanno costruendo i loro contro-dossier. In un liceo romano ne hanno contati 42 stipati in una classe, nelle scuole con studenti lavoratori si arriva a 50, nelle prime delle superiori di Ascoli tre aule su quattro sono in sovrannumero. In tutta Italia, infine, striscioni srotolati e pentole suonate (il cacerolazo) contro la Gelmini: «È solo l’inizio, il primo e il sette ottobre torniamo in piazza».


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Una Tac desolante sulla scuola italiana

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Ogniqualvolta m’imbatto in qualche analisi seria sullo stato della nostra scuola, un senso di desolazione mi pervade e non mi consola unirmi al coro anti-Gelmini, non perché anche quest’ultima non abbia commesso i suoi errori, ma in quanto i colpi maggiori al nostro ordinamento vengono dai tagli massicci del bilancio, imposti da Tremonti per fronteggiare deficit e debito pubblici, un obbligo cui non si poteva deflettere, ma che si sarebbe dovuto suddividere su altre voci (di spesa e di entrata) così da salvaguardare l’istruzione e l’avvenire delle nuove generazioni, come è avvenuto negli altri Paesi europei che dimostrano ben altra sensibilità  di fronte a questo snodo centrale del loro futuro.

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