Martini, il coraggio dell’umiltà 

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Sono una sessantina i libri in commercio che recano la firma del cardinal Martini. Negli ultimi anni, soprattutto dopo il rientro da Gerusalemme, l’eminente biblista ha messo a disposizione di tutti la sua opera di «umile comunicatore della parola di Dio». Questa frase è di Ferruccio de Bortoli e si legge nella prefazione al libro di Aldo Maria Valli Storia di un uomo. Ritratto di Carlo Maria Martini (Ancora Editrice, pp. 208, 16). L’abbiamo presa in prestito perché spiega meglio di tanti discorsi le scelte di un porporato che, dopo essere stato successore alla cattedra di Ambrogio e di Carlo Borromeo, ha deciso di vivere sempre più in povertà . Nell’istituto dei gesuiti che lo ospita si è ritirato in due locali; sul campanello ha chiesto che fosse scritto semplicemente: «padre Carlo Maria Martini». In fondo, e lo ricorda in questo utilissimo libro Valli, il suo stile si potrebbe compendiare con una frase di Sant’Agostino: «È più importante insegnare agli amici l’umiltà  che sfidare i nemici con la verità ». Parole che unite a quelle del suo motto Pro veritate adversa diligere, ovvero «Per la verità  scegliere anche situazioni sfavorevoli», spiegano la condotta e il carattere di un uomo di Chiesa tra i più significativi del nostro tempo.
Il libro di Aldo Maria Valli non è semplicemente il risultato del lavoro e degli incontri di un protagonista della comunicazione, rappresenta qualcosa di più. Innanzitutto restituisce un’immagine «appropriata e completa» del cardinale, o meglio un «ritratto ragionato»; poi, come pochi altri, aiuta il lettore a orientarsi nelle scelte di un pastore «innamorato di Dio e della Chiesa» che dialoga continuamente con la società  civile. Ferruccio de Bortoli nella prefazione sottolinea questo merito ricordando alcuni momenti di tale colloquio, ancora in corso: «Martini si è espresso coraggiosamente sulla necessità  di una legge sull’interruzione delle cure per i malati inguaribili, il cosiddetto testamento biologico; ha aperto all’adozione dei single; si è posto il tema dei divorziati, fedeli ormai diventati invisibili alla liturgia». Insomma, ha toccato argomenti che «prima o poi la Chiesa dovrà  affrontare».
Valli non ha scritto un libro sul pensiero di Martini, ma ci offre una biografia che consente di conoscerlo più da vicino e di comprenderne il messaggio. Egli ha speso la sua vita per «una Chiesa credibile», a lungo si è interrogato sulla giustizia, ha sentito come nessun altro il dovere del dialogo — con i non credenti, con le altre fedi — che in una società  globalizzata diventa indispensabile. Nelle pagine sono riprese mille situazioni, infiniti interventi, ma è certo che il lettore si commuoverà  al dodicesimo capitolo. In esso è descritto un incontro tra l’autore e il cardinale, avvenuto all’inizio di febbraio di quest’anno. Nella semplicità  delle due stanze ricordate, Valli vede Martini che sovente non riesce a parlare e combatte ogni giorno con il Parkinson. La malattia, comunque, non gli impedisce di scrivere, leggere, ricevere, testimoniare. Certo, nota i suoi occhi: da essi emana una luce che abbraccia l’interlocutore. Il cronista che lo ha incontrato tante volte, che in molteplici occasioni è rimasto colpito dal signorile portamento nelle cerimonie ufficiali e negli incontri privati, non sa nascondere la sorpresa: «La luce degli occhi… è una luce nuova, rispetto a come la ricordavo. Perché ha guadagnato un che di fanciullesco».
Già , fanciullesco. Nel senso alto del termine. Non a caso riesce a meravigliare tutti per la semplicità  che accompagna la sua ricerca. Nella prefazione al libro di Damiano Modena Carlo Maria Martini (Paoline 2005), lo stesso cardinale confessa: «Ho sempre pregato e prego perché sia un po’ diminuita la mia ignoranza di Dio, dato che sento il pudore di chiedere che sia accresciuta la mia conoscenza di Lui». Frase scritta da uno studioso che fu il solo cattolico ammesso nel comitato scientifico del Greek New Testament, testo poi utilizzato nella XXVI e XXVII edizione del Nestle-Aland, riferimento per le traduzioni in tutto il mondo. O che ha indagato minuziosamente il papiro Bodmer 14, indispensabile per intendere una parte del Nuovo Testamento.
Valli ricorda una frase del cardinale, sorta di bussola per orientarsi: «Ci sono tanti libri che portano il mio nome, ma io non li ho mai scritti né letti. Cose dette in qualche occasione, poi altri le hanno trascritte». Tali parole, da tener presenti anche per non smarrirsi nella società  della comunicazione frenetica, vanno intese come ulteriore atto di umiltà  di un uomo che ha vissuto per rendere testimonianza alla rivelazione di Dio. Il ritratto di Valli aiuta a non perdersi tra le pubblicazioni e le polemiche che inevitabilmente sono legate a un personaggio da decenni al centro dell’attenzione. Del resto, sottolinea de Bortoli, «Martini, in tutti questi anni, non ha mai cessato di venirci incontro, ci ha toccato occhi e lingua, proprio come fa Gesù nella guarigione del sordomuto». Sovente, dobbiamo confessarcelo, non riusciamo a parlare né a sentire, frastornati da notizie virtuali, disorientati da trappole mediatiche. Il cardinale «si è seduto accanto a noi» per aiutarci. Con lui abbiamo capito che non è più tempo di fingere. E ci ha messi in guardia — parafrasiamo San Paolo seguendo Valli — «dal vanto di fare gruppo, dal credersi forti perché si è in tanti». Ha semplicemente invitato tutti a dialogare e a saper ascoltare la Parola. Quella di Dio.


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