Maroni sugli scontri con i no Tav «Hanno intenzione di uccidere»

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«Accuse che rispediamo al mittente: sono gli uomini di Maroni che lanciano pietre contro di noi e sparano lacrimogeni ad altezza d’uomo» rispondono i no Tav.
L’altra sera, nell’ennesimo fine settimana di guerra, se le sono date di santa ragione. Ci sono stati contusi, due ragazze sono finite nel carcere di Torino, metri e metri di recinzione sono stati divelti e nell’arsenale dei manifestanti (bombe carte, molotov e massi) ha fatto per la prima volta la sua comparsa una nuova arma: chiodi a tre punte lanciati contro le volanti della polizia dai cavalcavia. Un venerdì notte reso ancora più rovente dalla durissima contestazione inscenata da una trentina di no Tav alla festa del Pd di Genova contro l’amministratore delegato delle Ferrovie, Mauro Moretti, costretto a lasciare il palco sotto scorta senza aver avuto nemmeno la possibilità  di cominciare a parlare.
A spingere Maroni a evocare il rischio di potenziali volontà  omicide nell’azione di una parte del movimento no Tav («Quando si lanciano bombe carta e massi contro gli agenti si ha intenzione di uccidere») è stata la crescente preoccupazione di una parte dei sindacati di polizia (Sap e Associazione dei funzionari) che chiedono «un cambio delle regole d’ingaggio, sentenze rapide e punizioni esemplari: la pressione dura da troppo tempo, si è raggiunto il limite di guardia». Il titolare del Viminale ha rilanciato la linea della fermezza: «Siamo perfettamente in grado di gestire la situazione, i cantieri andranno avanti, questi personaggi si rassegnino». Ma tra i sindaci della Valle la tensione è sempre più alta. Nilo Durbiano, primo cittadino di Venaus, invita Maroni a tenere bassi i toni: «Non giustifico affatto la violenza di certi no Tav, ma le istituzioni devono riprendere il bandolo della matassa attraverso un confronto serio con i Comuni«. E il collega di Chiomonte, Renzo Pinard: «Se per un’opera si è disposti ad uccidere, allora siamo tornati al tempo delle caverne…». C’è chi propone la militarizzazione della Valle e chi, come Agostino Ghiglia del Pdl, «la chiusura dei campeggi e della basi d’appoggio dei no Tav». Ma è soprattutto una richiesta di fermezza quella che si leva da più parti. Il deputato pd, Stefano Esposito, propone che le persone arrestate durante gli scontri siano mandate «a lavorare nel cantiere».
Le ultime due a finire venerdì sera in manette, con le accuse di resistenza, violenza e lesioni a pubblico ufficiale, sono due donne: Marianna Valenti, studentessa torinese di 20 anni, ed Elena Garberi, 39 anni, che lavora a Chiomonte nell’assistenza agli anziani.

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Moretti zittito: clima avvelenato
E pensare che poche ore prima di ritrovarsi in quella bolgia di insulti e spintoni alla festa del Pd di Genova, costretto ad abbandonare il dibattito scortato dalla polizia, Mauro Moretti, 57 anni, amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, aveva annunciato l’intenzione di recarsi al più presto in Val di Susa, nella fossa dei leoni, là  dove la parola Tav è vista da tanti come il diavolo. «Quello che ho da dire lo sentirete quando sarò lì…» aveva tagliato corto Moretti, deciso a non drammatizzare il clima di tensione che pesa sulla Torino-Lione: «Le cose stanno andando avanti con le difficoltà  previste, lo sforzo delle istituzioni è consistente». Ora però, dopo quello che è successo venerdì sera a Genova, è alquanto improbabile che il confronto tra l’ad delle Ferrovie e i no Tav vada in scena.
«Troppi veleni, troppi provocatori in giro…». Lo stesso Moretti è uscito visibilmente amareggiato dalla kermesse del Pd: «Spettacoli simili — è stata la prima reazione — non sono degni di un Paese civile. Quando viene meno la possibilità  del confronto verbale, tutto diventa tremendamente più difficile…». Che fosse una serata potenzialmente esplosiva, non era difficile immaginarlo. La presenza di Moretti aveva mobilitato, oltre ai familiari della vittime della strage di Viareggio (29 giugno 2009, 32 morti), una trentina di no Tav. Quando la sala ha cominciato a rumoreggiare, Moretti ha tentato un contatto con l’ala più dialogante dei familiari di Viareggio, ricordando che «c’è un processo in corso» e che «i responsabili si troveranno». Poi però le grida dei no Tav hanno avuto il sopravvento, il rischio di contatti fisici si è fatto concreto. E Moretti, scuro in volto, se n’è andato sotto scorta: «Non doveva finire così…».


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