Ma la Consulta alla Merkel: sugli aiuti voti il Bundestag

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Ma, nella sostanza, è stato rimosso un grande ostacolo e il governo può riprendere il suo difficile cammino verso il voto parlamentare di fine settembre sul potenziamento del Fondo salva Stati.
«Questa sentenza conferma la nostra politica di responsabilità  e solidarietà », ha detto la cancelliera, sottolineando ancora una volta che il sostegno ai partner europei più deboli è condizionato alla loro capacità  di ridurre il debito e accelerare le riforme strutturali. In uno scenario, però, in cui va ribadito che «l’euro è molto, molto di più di una valuta». «Se crolla, crolla l’Europa. E al destino dell’Europa — ha chiarito — è legato in modo inseparabile anche quello della Germania».
In effetti, solidarietà  europea e responsabilità  costituzionale sono i principi che sembrano aver ispirato i giudici di Karlsruhe, molto attenti però a chiarire la duplice valenza di una decisione che, comunque, sbarra ancora una volta la strada alle obiezioni degli euroscettici (come era accaduto in passato per la nascita dell’euro e la legittimità  del Trattato di Lisbona) sulla legalità  degli aiuti a Grecia, Portogallo e Irlanda. «Non abbiamo firmato un assegno costituzionale in bianco per ulteriori nuovi pacchetti di salvataggio», ha significativamente dichiarato il presidente della Corte, Andreas Vosskuhle.
I giudici hanno stabilito che il governo deve ascoltare, nel caso dei programmi di aiuto di maggiore importanza, il parere della Commissione bilancio. A loro giudizio, infatti, il livello di coinvolgimento del Bundestag in questa materia è attualmente inferiore a quanto prevede la Costituzione. Un monito severo, che però non ha soddisfatto i firmatari dei ricorsi, secondo i quali ogni nuovo intervento a favore di un Paese indebitato doveva richiedere un preventivo passaggio parlamentare in seduta plenaria.
Questi rilievi della Corte potrebbero incoraggiare il gruppo dei deputati della maggioranza che giudicano negativamente il rafforzamento del Fondo salva Stati (alcuni dei quali si sono espressi contro l’obbligo di «ratificare a scatola chiusa decisioni prese a Bruxelles») oppure contribuire a promuovere un clima migliore, come si è augurato per esempio, parlando con Der Spiegel, un esperto come Peter-Christian Mà¼ller-Graf, professore di diritto europeo all’università  di Heidelberg.
Intanto, però, la Merkel è sembrata voler evitare ieri la ricerca di un compromesso a tutti i costi con gli scontenti. Il suo discorso al Bundestag, nel corso del dibattito sulla legge di bilancio, ha avuto toni più incisivi rispetto al recente passato. «Ci vuole più Europa», ha detto, non escludendo la possibilità  di nuove modifiche ai trattati in grado di rendere «più vicini» i partner dell’Unione: una frase che è stata interpretata come un sostegno alle idee del ministro delle Finanze Wolfgang Schà¤uble per una maggiore integrazione, sul lungo periodo, delle politiche fiscali dei Paesi comunitari.
La cancelliera è poi tornata sulla possibilità  di sanzionare i Paesi che violano le regole di bilancio dell’Eurozona. Nuova chiusura, infine, sugli eurobond e una forte nota di ottimismo (nel giorno in cui sono stati diffusi i dati positivi sulla produzione industriale) che ha ottenuto l’applauso dei deputati: «Non ci sono segnali di recessione e la Germania è tornata a essere la locomotiva d’Europa». Sapremo nei prossimi giorni se sia stata convincente.


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