Ma il default greco è vicino

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 Si scommette su tutto e, ovviamente, si può scommettere anche sul default della Grecia che, ormai, appare una certezza. Ieri, come ci informa Agipronews, un importante bookmaker estero ha «tagliato» il rischio default greco da 1,20 a 1,14. Cioè si vincono appena 14 centesimi ogni euro giocato. Ma ci sono bookmaker che ormai non accettano più scommesse sulla Grecia: per loro il default è sicuro.

La svolta in una intervista di Klaas Knot a un quotidiano: «sono stato convinto a lungo – ha detto – che un default non sarebbe stato necessario, ma le notizie da Atene qualche volta non sono incoraggianti. Tutti gli sforzi puntano a prevenirlo, ma sono ora meno sicuro nell’escludere un default diquanto non lo fossi un paio di mesi fa». Knot non è un personaggio qualsiasi: è un banchiere. Anzi il presidente della Banca centrale olandese e membro del consiglio direttivo della Bce. E se un prudente banchiere centrale sostiene che il fallimento è «uno degli scenari», c’è da credergli. Anche perché, aldilà  delle dichiarazioni di maniera, anche il governo greco sta lavorando su una ipotesi di default.
Il più impegnato – scrive la stampa greca – è Evangelos Venizelos, il ministro delle finanze, Evangelos Venizelos, arrivato ieri sera a Washington: sarebbe al lavoro per un default controllato, con il taglio fino al 50% del valore dei titoli di stato in circolazione. Dal governo di Atene finora sono arrivati solo dei « no comment» alle indiscrezioni della stampa locale che, però, suonano tanto come conferma della notizia. Il tutto perché prima di dare l’annuncio ufficiale, Venizelos vorrebbe presentare la sua proposta al Fondo monetario internazionale e a tutta la comunità  internazionale riunita nella capitale degli Stati uniti per l’assemblea annuale dell’Fmi e della Banca mondiale.
Intanto, nella notte europea, Moody’s ha deciso un ulteriore taglio al rating (a Caa2, praticamente mondezza) di alcune importanti banche elleniche: la National Bank of Greece, Efg Eurobank Ergasias, Alpha Bank , Piraeus Bank, Agricultural Bank of Greece e Attica Bank. Inoltre ha ridotto da «B1» a «B3» il rating di Emporiki Bank of Greece e General Bank of Greece. La motivazione? «Il core tier 1 appare adeguato, ma l’insolvenza è legata ai rischi di nuove svalutazioni», spiega l’agenzia. Insomma, il default si avvicina. Anche perché la Grecia non è in grado di fare più di quello che ha già  fatto.
Ma le manovre correttive «lacrime e sangue» non possono garantire che il debito sarà  rimborsato. A questo punto la decisione: è preferibile andare a un fallimento pilotato e concordato a livello internazionale con uno sconto (fino al 50%) sul debito pregresso e tassi di interesse più accessibili che garantirebbero il pagamento del debito residuo. Il tutto, però da realizzare senza uscita dall’euro. Certo, per il sistema finanziario sarebbe un colpo duro, ma, come insegnano i precedenti di Polonia e Argentina, potrebbe essere riassorbito soprattutto se la Bce e le altre banche centrali offrissero collaborazione e risorse con un po’ più di generosità  rispetto a quanto fatto finora.
Intanto ieri le borse hanno tirato un po’ il fiato anche se la giornata non è stata delle più tranquille con le quotazioni sulle montagne russe: prima sù, poi parecchio giù (soprattutto la borsa tedesca) poi nuova risalita. Piazzaffari, ad esempio, ha chiuso con l’indice Mib in recupero dell’1,36%. A dare combustibile ai mercati sono state le voci di nuovi interventi a sostegno che la Bce si appresterebbe a varare. La voce più accreditata è quella di una riduzione in ottobre di mezzo punto del costo del denaro che tornerebbe, così, all’1%. Altra ipotesi che circola con insistenza è quella di una ripresa delle aste di finanziamento a 12 mesi – di importo illimitato – al sistema creditizio. Insomma, si garantirebbe liquidità  per allentare le pressioni sul sistema bancario e, si spera, per consentire alle banche di riallargare a loro volta i cordoni verso il sistema produttivo.
Sulle montagne russe anche lo spread tra i Bpt e bund tedeschi: ha superato i 400 punti, per poi ripiegare a 390 (3,9%) grazie anche a interventi della Bce. Intanto l’euro si conferma debole scendendo a 1,34 sul dollaro per poi risalire oltre quota 1,35. Sta ripiegando anche la quotazione del petrolio (sotto i 79 dollari al barile) a conferma che ci si attende nei prossimi mesi una bassa domanda per il rallentamento della congiuntura. E si stanno sgonfiando anche le quotazioni e la speculazione sull’oro: ieri è sceso a New York di a circa 90 dollari a 1650 l’oncia, 260 in meno dei massimi di pochi giorni fa.


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