«Pronti a esaminare misure per la crescita»
ROMA — Silvio Berlusconi chiarisce che non ha alcuna intenzione di fare un passo indietro, se non costretto da un voto del Parlamento. Il premier ne parla durante diversi collegamenti telefonici con manifestazioni del Pdl. «Non possiamo — dice di sé usando il plurale — andare incontro alle aspettative dei media e dell’opposizione. Non ci dimetteremo se non attraverso un voto di sfiducia che mi sento di escludere. Andremo avanti con una maggioranza coesa e forte che si è confermata dal 14 dicembre in poi e con questa maggioranza faremo le riforme, a partire dalla giustizia, dal Fisco, dall’architettura istituzionale dello Stato, cioè faremo quanto non siamo riusciti a portare in Parlamento perché prima con Casini e poi con Fini non c’era la possibilità dentro la nostra maggioranza di farle viaggiare».
Comunque si tratta di vedere come Berlusconi riuscirà a gestire i rapporti con la Lega di Umberto Bossi che ieri ha confermato che voterà no all’arresto del ministro Saverio Romano («in democrazia contano i numeri che ti dà il popolo», ha detto il Senatur) ma ha anche auspicato che «finisca a settembre la missione in Libia».
Quando ricorda che non si farà da parte, Berlusconi parla a nuora perché suocera intenda. Si rivolge, cioè, all’opposizione ma (implicitamente) anche a chi nel Pdl è uscito allo scoperto chiedendo che si cominci ad affrontare il nodo della successione alla guida del centrodestra. Sabato il governatore lombardo Roberto Formigoni si era spinto a chiedere di fare le primarie entro gennaio visto che, secondo le sue previsioni, si andrà a votare nella primavera del 2012.
Il Cavaliere, però, esclude una fine anticipata della legislatura. «Ci presenteremo alla prossima scadenza elettorale, tra un anno e mezzo, con le carte in regola per vincere. Stiamo lavorando sodo, proprio oggi ho contato che ci sono 27 misure per la crescita benché sia difficile adottarle facendo tagli per 54 miliardi. La prossima settimana esamineremo i provvedimenti per la crescita e lo sviluppo». Facendo ricorso a quell’«esamineremo», Berlusconi rivela però che il pacchetto per rilanciare l’economia non è ancora pronto e che necessita quindi di ulteriori approfondimenti, e annuncia che «il Consiglio dei ministri definirà alcuni interventi strutturali, quali le dismissioni del patrimonio pubblico e lo sblocco delle grandi opere». E poi ricorda che «quando ci accusano che la nostra economia cresce meno di quella di Germania e di Francia si dimenticano che noi abbiamo ricevuto in eredità alcune situazioni negative che nessuno può eliminare con la bacchetta magica: il debito pubblico, il gap infrastrutturale, un’evasione fiscale da 150 miliardi».
Non solo. Preannuncia un giro di vite sulle intercettazioni perché «l’Italia torni a essere un Paese davvero civile e libero. Oggi non lo siamo. Sapete bene che quando chiamate qualcuno al telefono sentite la morsa dello Stato di polizia, e il fatto che non sentite le vostre parole inviolabili significa che non siamo più in uno Stato di libertà ».
Berlusconi poi ripercorre le fasi che hanno portato ai diversi provvedimenti presi questa estate: «Quando abbiamo avuto prima l’impressione poi la certezza dell’attacco speculativo, ci siamo rivolti a loro, io personalmente al presidente Trichet, e loro ci hanno detto “siamo disponibili, dobbiamo difendere non solo voi ma l’euro, ma voi dovete fare dei sacrifici”: anticipare il pareggio al 2013 e la manovra la dovete fare in queste 5-6 direzioni, che ci hanno indicato in una comunicazione riservata».
Insomma, rimarca il Cavaliere, «mi sono trovato a dovere mettere insieme una manovra da 54 miliardi avendo a disposizione solo tre giorni e mezzo. Ci hanno chiesto che la manovra la varassimo entro venerdì sera. Abbiamo operato su questa manovra in tre giorni e mezzo. Abbiamo fatto un miracolo, un vero e proprio miracolo». Ecco perché esclude che i cambiamenti successivi siano conseguenza della «confusione», ma solo «miglioramenti» di un testo messo a punto in fretta e furia.
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