«Non è più democrazia» Bossi invoca la secessione

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VENEZIA — Il grido della Riva dei martiri risuona per undici volte: «Se-ces-sio-ne, se-ces-sio-ne». Umberto Bossi non lo lascia cadere. Non lo interrompe come tante volte è accaduto in passato, anche prossimo. Anzi: «Fratelli, lo so. Tutti noi lo sappiamo che alla fine ci sarà  la battaglia, la lotta per la liberazione. E noi, la vinceremo».
La cerimonia dell’ampolla è alla sua quindicesima edizione, ma a giudicare dai temi il tempo non sembra essere passato: è tornato il 1996. Dal capo padano neppure una parola sui tormenti del governo, Berlusconi nemmeno è menzionato. Bossi offre ai suoi militanti ciò che loro chiedono a gran voce: «La secessione è l’unica strada. Fate bene i vostri conti — dice Bossi — qui ci sono milioni di persone disposte a combattere per la Padania». Eppure, se indipendenza deve essere, Bossi spiega che ci può essere ancora un tentativo «per via democratica, forse quella referendaria. Perché un popolo importante e lavoratore come il nostro non può continuare a mantenere l’Italia. E d’altra parte, se l’Italia va giù la Padania va su». Ma il riferimento non è soltanto alle difficoltà  dell’economia: «Come si fa a stare in un Paese che sta perdendo la democrazia giorno dopo giorno? Qualcuno pensa che il fascismo sia finito. A me pare ritornato, con altri nomi e altre facce. Addirittura hanno aggredito i corridori del giro di Padania».
Tutti gli interventi che precedono quello di Bossi sono indirizzati alla manovra appena approvata. Soltanto Roberto Maroni accenna qualcosa riguardo all’incerto domani: «La nostra battaglia è il federalismo. E sebbene andare avanti sia difficile, per noi il governo non è un mezzo ma un fine per combattere la nostra battaglia». E dunque, «ci saremo fino a quando ce lo dirà  Umberto Bossi».
Ma la Lega ormai ha deciso di avere un nuovo nemico: i giornalisti. Che, giura Bossi, «sono degli str… Non possono attaccare me, e allora attaccano la mia famiglia». E in questo il leader non è certo solo. Nessuno dei sei interventi che precedono quello di Bossi incomincia in modo diverso. Uno per tutti, Roberto Calderoli: «Ci hanno spaccato i cogl… i giornalisti che continuano a scrivere che nella Lega ci sono divisioni». Maroni concorda: «Scrivono che io e Calderoli litighiamo, ma sono tutte palle. Calderoli è il più gran lavoratore che conosco. Anzi, lavora troppo…».
La svolta neo secessionista di Umberto Bossi non suscita grandi apprensioni nel Pdl. Osvaldo Napoli liquida le sortite del Senatur e pensa alla tenuta della maggioranza: «La Lega non staccherà  la spina, è un nostro fedele alleato». Si scatena, invece, il centrosinistra. Il Pd, in particolare, con Rosy Bindi punta proprio sul silenzio del Pdl: «Un sistema intollerabile di ricatti politici incrociati continua a paralizzare l’esecutivo. Non si spiega altrimenti il silenzio del presidente del Consiglio sulle gravissime affermazioni di Bossi oggi a Venezia. Un ministro della Repubblica non può permettersi impunemente di incitare alla secessione e dileggiare la Costituzione». Mentre Pier Luigi Bersani sceglie il registro sarcastico: «Bossi fa sognare il popolo leghista, mette davanti il sogno per non dire ben chiaro che continua a stare con il miliardario». Una pausa: «Vorrà  dire che la farà  con Berlusconi la secessione». Irridente anche Giorgio Conte (Fli): «La Lega strilla alla Padania e alle armate del Nord quando non ha proprio più nulla da dire».


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