«Italia criminale» L’affondo dell’Iran sulle rivolte arabe

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La battaglia per l’influenza nel Medio Oriente in subbuglio si combatte, oltre che con i soldi e le armi, anche a colpi di retorica. La Guida suprema dell’Iran Ali Khamenei ha convocato a Teheran 500 esperti di studi islamici da 80 Paesi, fra cui quelli dove rivolte e rivoluzioni sono in corso, per una conferenza dedicata alla Primavera araba e al «risveglio islamico». La Guida suprema ha messo in guardia il pubblico: «Non abbiate mai fiducia nell’America, nella Nato e nei regimi criminali come la Gran Bretagna, la Francia e l’Italia, che per tanto tempo si sono spartiti e hanno saccheggiato le vostre terre».
All’indomani del tour del premier turco Erdogan in Egitto, Tunisia e Libia, dove si è proposto come nuovo eroe della regione, l’affondo di Teheran contro l’Occidente sembra un tentativo di difendere ancora una propria rilevanza negata però dagli eventi. E’ sin da gennaio che Teheran rivendica il ruolo di ispiratore delle proteste in Nord Africa e Medio Oriente. Il modello delle rivolte attuali — hanno detto gli ayatollah — sarebbe la rivoluzione iraniana del 1979 contro lo Scià , e la loro finalità  ultima l’Islam. Ma se l’Iran da una parte ha tratto vantaggi dalla Primavera araba (sono usciti di scena alcuni leader pro-americani e ostili a Teheran), d’altra parte i movimenti che hanno dato vita alle rivolte sono spesso laici. E anche i partiti e i gruppi islamici nei Paesi della Primavera araba non guardano oggi alla teocrazia iraniana come esempio; alcuni, come Ennahda in Tunisia o la Fratellanza musulmana in Egitto, hanno detto semmai di ammirare il modello turco di Islam e democrazia. Ma lunedì quando Erdogan in Egitto ha invitato il popolo ad adottare una Costituzione laica (sottolineando che non vorrebbe dire abbandonare la religione) i Fratelli musulmani lo hanno criticato. Le elezioni, fissate ieri per il 21 novembre, decideranno quali forze politiche emergeranno e avranno potere anche nel redigere la Costituzione.
Khamenei si è inserito proprio nel dibattito sul ruolo della legge islamica. «Il nemico» potrebbe cercare di imporre Costituzioni «che possono causare dipendenza economica» dall’Occidente, facendogli riguadagnare il controllo, mentre nei nuovi ordinamenti vanno «scritti i principi del Corano». Per aiutare a scrivere la nuova Carta libica (nella quale la sharia sarà  fonte fondamentale del diritto, l’hanno già  detto i nuovi leader), l’Onu invierà  una missione autorizzata l’altro ieri.
La Guida suprema ha definito «simili» gli sviluppi in Egitto, Tunisia, Libia, Yemen e Bahrein. Non ha detto nulla invece delle proteste che destabilizzano il vicino alleato siriano, né sulle analogie tra l’Iran e altri Paesi in rivolta (dall’economia in crisi alle proteste del 2009 represse nel sangue). L’ayatollah ha criticato l’intervento Nato in Libia: «Se non ci fosse stato, i libici ci avrebbero messo più tempo a vincere ma molte vittime innocenti sarebbero state risparmiate».


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