L’isola pacificata

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 Messi via i sassi e i bastoni, Lampedusa può festeggiare la Madonna di Porto Salvo, la protettrice dei pescatori. Sull’isola è tornata la pace dopo le ventiquattrore di guerriglia tra immigrati e isolani. Ieri per le strade del paese addobbate con le luminarie per la festa non si vedeva un tunisino a pagarlo: un ponte aereo allestito in fretta e furia dal Viminale ha risolto il problema in maniera definitiva trasferendo, grazie anche a due navi, i circa 1.400 immigrati sulla penisola prima di rimpatriarli. In serata lo sgombero era praticamente finito, e a ricordare gli scontri restano adesso solo gli scheletri anneriti del centro di primo soccorso di Contrada Imbriacola messo a fuoco martedì dagli immigrati. Per quell’incendio ieri sono stati fermati quattro tunisini, considerati in capi della rivolta. Sarebbero stati loro a dar fuoco a materassi e cuscini dando così il via alle fiamme che hanno distrutto il centro. Altre quattro persone – due nigeriani un sudanese e un tunisino – sono accusate invece di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina in quanto considerati gli scafisti di alcuni dei barconi che hanno portato a Lampedusa centinaia di disperati. Tre immigrati sono stati fermati in quanto erano destinatari di un provvedimento di espulsione.

Ai quattro presunti capi della rivolta, che ieri sono stati trasferiti nel carcere agrigentino di Petrusa, gli inquirenti sono arrivati grazie alle testimonianze rese da altri immigrati. Le indagini hanno infatti permesso di accertare che martedì pomeriggio, prima dell’inizio della rivolta, dentro al centro di sarebbero creati due schieramenti contrapposti tra gli immigrati, divisi tra quanti erano favorevoli a incendiare i materassi e quanti invece – una minoranza – si sarebbero opposti e avrebbero certo inutilmente di fermare i più violenti.
Ieri sull’isola è arrivato il vescovo di Tunisi, monsignor Maroun Elias Lahham, che pur non giustificando le violenze ha comunque provato a dare una spiegazione di quanto accaduto. «Se li potessi incontrare direi loro di non sputare nel piatto nel quale hanno mangiato – ha detto parlando dei tunisini che hanno minacciato di far esplodere una bombola del gas -, ma è gente disperata, gente che è scappata da una terra dove non c’è un’economia, non c’è più turismo. Ci sono 800 mila disoccupati». Anche Amnesty international si è detta preoccupata per la situazione che si creata sull’isola, e ha chiesto al governo di garantire il rispetto dei diritti umani sia per gli abitanti che per i migranti. Preoccupazione resa più forte da alcune dichiarazioni rese ieri a radio padania dal vicesindaco leghista di Lampedusa, Angela Maraventano, che ha accusato le Organizzazioni non governative che lavorano sull’isola di informare gli immigrati sui loro diritti spingendoli alla rivolta. E che per questo ha chiesto che le Ong vengano allontanate dall’isola. «parole di una gravità  estrema», ha il presidente di Terre des hommes Raffaele Salinari. «Chiedere alle ong di non informare i significa chiedere loro di violare le convenzioni Onu sui minori, la Convenzione di Ginevra del diritto umanitario e quella sui sulla turtura e sui diritti d’asilo».
Ieri intanto un altro barcone è stato avvistato da una aereo della Guardia di finanza a 35 miglia da Lampedusa. A bordo c’erano una sessantina di tunisini che sono stati soccorsi da una motovedetta delle stesse fiamme gialle. I migranti però non dovrebbero arrivare sull’isola siciliana. L’imbarcazione dovrebbe essere infatti immediatamente dirottata verso altri porti, come annunciato nel pomeriggio dal sindaco dell’isola, Bernardino De Rubeis. «I 60 immigrati tunisini verranno direttamente accompagnati o scortatì a Porto Empedocle senza passare per Lampedusa – ha detto De Rubeis, che ha assicurato di aver ricevuto rassicurazioni in tal senso direttamente dal Viminale. Unico problema: fino a ieri sera la motovedetta della Guardia di finanza che ha prestato soccorso al barcone non aveva ricevuto nessun ordine circa una destinazione alternativa per i profughi.


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