L’ira dei costruttori: no al blocco dei fondi

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ROMA — I fischiatori erano forse cinque, di certo non più di dieci, ma le intere file di poltroncine vuote del grande auditorium dell’Eur, fanno salire di molto il novero di quelli che hanno dato un segnale di insofferenza in silenzio, alzandosi. E ascoltandoli il giorno dopo la movimentata assemblea annuale dell’Ance, tra gli imprenditori edili il malcontento emerge ancora più chiaro. Quali sono i motivi? «Dire che non ci sono soldi è inaccettabile», ribadisce il presidente Paolo Buzzetti.

«Sappiamo che almeno 5 miliardi di euro ci sono ed è un errore clamoroso non utilizzarli per opere diffuse come la manutenzione del territorio, strade o l’edilizia scolastica». La Tremonti-infrastrutture, continua, «è l’ultima chance. Poi prenderemo atto che c’è volontà  di mandare la barca alla deriva. Non possiamo più essere presi in giro e molti componenti del governo lo hanno capito». Cosa farete, quindi? «Ci muoveremo attraverso manifestazioni legali e civili. Innanzitutto sui ritardi nei pagamenti della pubblica amministrazione potremmo decidere iniziative legali per recuperare i crediti». Per il resto l’Ance si muoverà  nel solco di Confindustria cui l’associazione aderisce.

Ma la base è in fermento. C’è addirittura qualcuno che non esclude sit-in davanti ai ministeri. Inusitati per gente che certo non è tra gli habitué delle piazze, ma rappresenta quel mondo produttivo che tra i sostenitori della maggioranza trova posto in prima fila. Una cosa è certa, non ci saranno più atteggiamenti remissivi con il governo, se i problemi non verranno risolti. E per questo la guardia è alta sul decreto sviluppo. Il ministro Matteoli, nel suo intervento all’assemblea dell’Ance, ha dichiarato che non ci sono i soldi e che si sarebbe andati avanti con la defiscalizzazione e non con nuove risorse. Questa linea non è piaciuta alla platea e ora molti costruttori temono che anche somme già  previste vengano distolte, i tagli insomma. La paura è che cifre ingenti destinate a opere già  finanziabili e cantierabili vengano bloccate, danneggiando un settore già  in ginocchio. In passato risorse del Fas sono state più volte dirottate verso capitoli diversi di bilancio. Adesso ci sono 5 miliardi circa dei Fondi per le aree sottoutilizzate destinati alle infrastrutture e i costruttori vogliono la garanzia che non verranno sottratti. A questi si aggiungono altri stanziamenti per opere pubbliche, per un totale di 9-10 miliardi: indispensabili perché il settore non affondi. Il Tesoro conosce queste preoccupazioni e si dice pronto a esaminare le proposte dell’Ance, purché nell’ambito delle compatibilità  di bilancio.

«Il blocco dei fondi non mi meraviglierebbe — dice Walter Schiavella, segretario degli edili della Cgil, che condivide le critiche dei costruttori — e in ogni caso anche se le cifre fossero quelle che ci sono, già  sarebbero insufficienti. In due anni sono stati spesi solo 800 milioni per infrastrutture». Una protesta congiunta imprenditori-operai, non sarebbe un tabù per Schiavella: «È già  successo il primo dicembre scorso».

Le preoccupazioni del resto sono suffragate dai numeri, che parlano di un settore in profonda difficoltà . Il 2010 si è chiuso con una riduzione degli investimenti in costruzioni del 6,4%. L’Ance stima in 5 anni, dal 2008 al 2012, perdite del 22%. E dall’inizio della crisi — in base ai dati della casse edili — i posti di lavoro persi nelle costruzioni sono circa 230 mila, e raggiungono le 350 mila unità  se si considerano anche i settori collegati.


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