by Sergio Segio | 27 Settembre 2011 6:45
NAPOLI — Silvio Berlusconi non fu vittima dell’estorsione di Gianpaolo Tarantini, sua moglie Angela Devenuto e di Valter Lavitola. Non fu vittima perché non ci fu estorsione, ma i fatti ricostruiti dalla Procura di Napoli hanno comunque un solido fondamento, e la posizione del premier rischia ora concretamente di passare da parte lesa a indagato. Perché Tarantini fu indotto a non dire la verità ai pubblici ministeri che gli chiedevano conto dei soldi ricevuti da Berlusconi. Fu indotto a mentire in cambio di denaro o altri benefici.
È questo lo scenario che emerge dalla sentenza del Tribunale del Riesame che ieri notte, dopo circa quattordici ore di camera di consiglio, ha deciso di annullare l’ordinanza di custodia cautelare per estorsione emessa all’inizio di settembre dal gip Amelia Primavera nei confronti di Tarantini, della Devenuto e di Lavitola, e ha disposto il trasferimento degli atti a Bari affinché si indaghi per il reato di «induzione a fornire dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria».
Con l’annullamento dell’ordinanza, Tarantini ha potuto lasciare immediatamente il carcere di Poggioreale. «Voglio solo andare a casa e abbracciare le mie bambine», ha detto l’imprenditore ai cronisti lasciando il carcere di Poggioreale prima di salire nell’auto del suo legale alla volta di Roma dove anche sua moglie, da tempo agli arresti domiciliari nella sua casa romana, è ritornata subito libera e quando l’avvocato Ivan Filippelli l’ha chiamata per dirglielo, lei gli ha urlato: «Sono così felice da sentirmi quasi male». Più complessa la posizione di Lavitola, che è tuttora latitante all’estero. Il dispositivo del Riesame non comprende l’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare nei suoi confronti, ma ora il faccendiere che viaggiava con Berlusconi sui voli di Stato dovrebbe essere indagato anche lui per il nuovo reato rilevato dal tribunale.
Però la posizione più importante che sembra inevitabilmente destinata a cambiare in tempi brevissimi, è quella di Berlusconi. Che lui abbia dato soldi a Tarantini, infatti, è un dato assolutamente acclarato dalle indagini. Lo ammette Tarantini, che però ha sempre sostenuto si trattasse di aiuti spontanei. Lo ammette lo stesso Berlusconi, che nella memoria inviata alla Procura di Napoli — che a suo avviso avrebbe dovuto sostituire l’interrogatorio come parte lesa (quindi senza avvocato e con l’obbligo di rispondere e dire la verità ) al quale i pm Henry John Woodcock, Francesco Curcio e Vincenzo Piscitelli hanno inutilmente tentato di sottoporlo — ha detto chiaramente di aver dato in più occasioni a Lavitola denaro destinato a Tarantini (sostenendo anche lui la tesi della beneficenza).
E lo ha confermato agli inquirenti Marinella Brambilla, la segretaria di Berlusconi, incaricata in più occasioni di consegnare denaro a emissari di Lavitola che andavano a ritirarlo al suo ufficio. E poiché l’induzione a mentire ai magistrati l’ha commessa chi ha dato soldi a Tarantini, è quindi inevitabile che, sulla base di quanto stabilito dal Riesame, il nome di Berlusconi finisca nel registro degli indagati. Resta da capire di quale Procura. Perché quella di Napoli era sicuramente pronta a partire, tanto è vero che nell’udienza di venerdì scorso erano stati i pm a prospettare al Tribunale l’eventualità di individuare il reato indicato ora nella sentenza.
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