«Il premier sapeva delle escort» Il rischio del favoreggiamento

by Sergio Segio | 28 Settembre 2011 6:04

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NAPOLI — Adesso i pubblici ministeri che secondo qualche politico del centrodestra si erano «troppo affezionati» all’inchiesta sui soldi dati da Berlusconi a Gianpaolo Tarantini, escono di scena. La trasmissione degli atti a Bari, disposta dal Tribunale del Riesame, tocca alla Procura di Roma, che li ha ricevuti da Napoli nei giorni scorsi, perché così decise il giudice delle indagini preliminari Amelia Primavera stabilendo che la competenza territoriale, alla luce degli elementi raccolti successivamente all’arresto di Tarantini, non fosse più dei pm Francesco Curcio, Henry John Woodcock e Vincenzo Piscitelli, ma dei loro colleghi della Capitale. Il procuratore Giovandomenico Lepore e il suo aggiunto Francesco Greco, che ha coordinato l’inchiesta, ieri hanno trasmesso a Bari e a Roma l’ordinanza del Riesame. Altro non faranno, e nemmeno replicheranno alle accuse e alle polemiche. Come quelle di Berlusconi, che sostiene sia «particolarmente difficile governare l’Italia mentre ci sono molti ambienti giudiziari, politici e giornalistici che lavorano per distruggere, calunniare, sabotare». Di «farsa mediatico-giudiziaria» parla invece Osvaldo Napoli, e aggiunge che però ai pm napoletani «è andata male ancora una volta».

Eppure in questa vicenda il bilancio della Procura di Napoli è in attivo. In due occasioni le tesi dei pm hanno passato l’esame di un giudice terzo, e solo in un caso «gli è andata male», per usare le parole del deputato pdl. Il no, Curcio Woodcock e Piscitelli lo hanno incassato quando il gip ha respinto l’istanza di revoca del provvedimento che stabiliva la competenza territoriale a Roma, ma solo pochi giorni prima lo stesso gip aveva accolto le richieste di arresto per Tarantini, Lavitola e la Devenuto.

E la decisione cui è giunto l’altra notte il Tribunale era stata chiaramente prospettata dalla Procura durante l’udienza di venerdì scorso. Erano stati sempre i tre pm, pur chiedendo che rimanesse in piedi l’accusa di estorsione ai danni di Berlusconi, a prospettare ai giudici del Riesame l’eventualità  di riqualificare il reato in quello previsto dall’articolo 377 bis (induzione a mentire all’autorità  giudiziaria), aggiungendo che in questo caso la competenza sarebbe stata da individuare tra Napoli e Bari.

L’ordinanza emessa dalle tre componenti del collegio giudicante non boccia quindi la Procura di Napoli. Anzi, aggiunge qualcosa che i pm non avevano nemmeno sfiorato. Oltre a scrivere che la «condotta posta in essere da Silvio Berlusconi appare perfettamente rispondente» a quanto il codice penale prevede all’articolo 377 bis, il che comporta inevitabilmente l’iscrizione a Bari di Berlusconi nel registro degli indagati, il Riesame, sostenendo che il premier era a conoscenza dell’attività  di escort delle ragazze che gli portava Tarantini, pone la Procura pugliese di fronte alla possibilità  di valutare un’eventuale indagine sul capo del governo anche per il reato di favoreggiamento di Tarantini, che a Bari è accusato di sfruttamento della prostituzione.

Ma tutto questo non riguarda più i magistrati napoletani. Che del materiale raccolto durante le indagini su Tarantini e Lavitola, mantengono ora soltanto il filone riguardante le commesse ottenute all’estero da aziende appartenenti a Finmeccanica. Una indagine ancora in corso e che richiederà  sicuramente molta ulteriore attività  prima di approdare a un qualsiasi provvedimento. L’ipotesi però non è da poco, perché al momento i pm non escludono che per gli appalti all’estero, soprattutto in Paesi centro e sudamericani, potrebbero essere state pagate tangenti.

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