L’Expo dell’austerity «Tagli per 300 milioni»

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MILANO — Expo, si taglia e si conquista l’estero. «Ci è sembrato giusto, considerata la gravità  della crisi nazionale e internazionale, abbattere al massimo le spese del progetto, che vorremmo ridurre del 15-20%, su un investimento pubblico inizialmente previsto nell’ordine di 1 miliardo e mezzo di euro». L’amministratore delegato di Expo, Giuseppe Sala, ribadisce però che il clima di austerity non modifica il progetto e non lo indebolisce. L’annuncio dei tagli arriva infatti in contemporanea con la cinquantesima adesione ad Expo 2015: «Abbiamo avuto — conferma Sala — anche la lettera di richiesta di partecipazione del Belgio e così, grazie anche all’impegno e al supporto del ministero degli Esteri, siamo già  arrivati al traguardo che ci eravamo dati per la fine del 2011. Credo che questa sia la migliore risposta agli expo scettici».
I tagli che cosa riguardano: è vero che rinuncerete al progetto delle vie di terra?
«Abbiamo cercato di limare ovunque possibile, conservando l’integrità  del progetto. Non voglio aggiungere altro, anche perché abbiamo una proposta che discuteremo durante il Cda del 9 settembre».
Un’Expo in forma ridotta?
«Assolutamente no. Tutte le analisi in nostro possesso, facilmente verificabili, portano alla conclusione che l’edizione italiana del 2015 sarà  però quella più efficiente e sobria, con meno investimenti, meno costi, una struttura più contenuta, anche in termini di personale impiegato dalla società  di gestione».
Questo investimento, di oltre 1 miliardo di euro. Avrà  un ritorno?
«Sicuramente in termini di immagine all’estero e di possibilità  di creare nuova occupazione. Parte dei soldi verranno poi recuperati quantomeno attraverso il flusso turistico che interesserà  il nostro Paese da maggio a ottobre 2015. Sui 20 milioni di visitatori riteniamo che 6/7 milioni saranno stranieri: è facile quindi capire che il ritorno ci sarà ».
A che punto sono i lavori?
«Finalmente siamo partiti a livello operativo. A inizio agosto abbiamo lanciato la prima gara da circa 90 milioni: la settimana prossima apriremo le buste con le offerte, con l’obiettivo di assegnarla ad inizio ottobre e, quindi, partire con le ruspe. Poi, a novembre, lanceremo una seconda importante gara che riguarderà  la cosiddetta “piastra”, cioè reti impiantistiche, strade, verde, aree di servizio, canali d’acqua e ponti, per un valore che sarà  intorno ai 300 milioni».
Siete a 50 adesioni. L’idea di Expo attecchisce più all’estero che in Italia? Perché?
«A parte la chiarissima attitudine italiana a vedere le cose con un certo pessimismo, siamo pienamente consapevoli del fatto che l’Expo è ancora poco conosciuto dalla gente, poco sentito. È ovviamente soprattutto una responsabilità  nostra perché non siamo ancora riusciti a comunicare il grande valore di un evento del genere».
E quindi, cosa farete?
«Stiamo preparando video che simuleranno ciò che il visitatore vedrà . Illustreremo quelli che saranno i principali padiglioni che realizzeremo per affrontare il tema dell’alimentazione, per incuriosire e divertire la gente, e chiederemo a esperti e personalità  riconosciute di fare da curatori dei padiglioni. Racconteremo cosa si mangerà  nel futuro e come i cibi verranno prodotti, conservati, cucinati; guarderemo al passato, con la narrazione di come l’umanità  si è nutrita nei tempi; penseremo ai bambini e al loro mondo alimentare: daremo spazio alla scienza e al gioco; parleremo di agricoltura di ieri, oggi e domani».
Cosa ritiene sia vincente, nella vostra proposta?
«Innanzitutto il progetto e il tema, cioè l’alimentazione, che convincono e che sono sentiti come molto “italiani”. Poi c’è l’indiscutibile l’attrattività  dell’Italia: dopo due edizione asiatiche, in Giappone e Cina, sembra piacere l’idea di un’edizione nuovamente nel Vecchio Continente e in un Paese con tradizioni e cultura come il nostro. E, infine, io penso ci sia anche la voglia, in un momento storico così difficile per gran parte delle nazioni, di aggregarsi e di guardare avanti, fermandosi a riflettere su un problema che sarà  sempre di grande attualità ».
E fuori dal sito, che cosa succederà ?
«Qui, in particolare, scatterà  la collaborazione con le strutture politiche e tecniche dei nostri soci, alle quali ci affiancheremo per rendere vivo l’evento sul territorio. La società  Expo 2015 si doterà  comunque di un team di personalità  che lavorerà  sul palinsesto del fuori Expo, cioè di tutto quello che succederà  a Milano, in Lombardia e in Italia in quei 6 mesi in ambito musicale ed artistico, nello sport e negli altri settori di interesse collettivo. E, naturalmente, proporremo percorsi enogastronomici nelle singole Regioni italiane che nel periodo di apertura di Expo dovranno essere veramente straordinari. Cercheremo di spiegare che venendo in Italia in quei sei mesi si potrà  vedere qualcosa di unico e irripetibile».


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Non solo lotta di classe

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POLEMICHE
Gentili accademici, mi dispiace essere incorso nelle vostre critiche, dato che di alcuni di voi nutro la massima stima (di altri non posso, perché, nella mia insipienza, non ho mai letto nemmeno uno scritto). La cosa che più mi dispiacerebbe è però che voi smetteste di comprare o di leggere il manifesto per colpa mia. Per questo cerco di spiegarmi.
Premetto che io Il Capitale l’ho letto e, in gioventù, anche studiato. Però le vostre critiche mi fanno pensare – e solo ora – di non averne capito abbastanza. Un’altra cosa che non capisco – e non lo dico certo per dissociarmi, è che cosa accomuni il mio articolo, oggetto delle vostre critiche, a quello di Loris Campetti. Per cui rispondo solo a ciò che rinfacciate direttamente a me.

Il referendum cancellato

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LE PRIVATIZZAZIONI
 Non volevo credere ai miei occhi quando ho visto, già  depresso per una manovra che si commenta da sé, che il ministro Fitto avrebbe messo a punto una norma che che prevede la messa a gara dei servizi pubblici locali (ad eccezione dell’acqua). La norma prevede che le gestioni in house, salvo quelle con valore economico inferiore a 900.000 euro, debbano cessare entro il 31 marzo del 2012. Un vero déjà  vu.

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