by Sergio Segio | 4 Settembre 2011 8:03
A rivelarlo, il senatore Juan Fernando Cristo, autore della Ley in questione, e reduce da un incontro a Quito con il governo di Rafael Correa, la Consultoràa para los Derechos Humanos y el Desplazamiento, Codhes, il ministero degli Esteri ecuadoriano, la Direccià³n de Refugio, la Defensoràa del Pueblo, l’Ambasciata colombiana in Ecuador, e infine l’Ufficio dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Acnur) e altre agenzie internazionali di cooperazione, ong e organizzazioni per i rifugiati.
Una legge, quella numero 1148, che è da mesi al centro di ogni discussione politica e sociale in Colombia. Nonostante lo scetticismo dei movimenti di base,[1] ancora sul chi va là nei confronti di un governo conservatore che continua a sposare la manu militari, questa rappresenta una sorta di rivoluzione almeno rispetto al precedente Governo che ha sempre addirittura negato l’esistenza di un conflitto interno e di conseguenza l’esistenza di vittime. Precetto, appunto, completamente ribaltato con il riconsocimento da parte del presidente dell’esistenza della guerra interna, che ha stabilito un identikit preciso di tutti coloro che dovranno e potranno ricevere riparazioni e indennizzi. Quando Santos la ratificò, il 10 giugno scorso, lo fece alla presenza del Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, a testimoniare la svolta epocale. Per lo meno apparente. “Siamo qui riuniti per dire al paese e al più alto testimone della comunità internazionale che è valsa la pena, è valsa la pena arrivare alla Presidenza della Repubblica”, dichiarò Santos durante la cerimonia.
Eppure sono tante le critiche contro questa legge, giudicata insufficiente per chi ha subìto troppo, vittime del terrorismo di Stato in testa. Secondo i dati ufficiali della Procura Generale aggiornati allo scorso gennaio, siamo di fronte ad almeno 73.183 morti ammazzati e 34.467 scomparsi. Non solo: Codhes calcola che 5,2 milioni di persone, pari al dieci percento della popolazione, sono state sfollate fra il 1985 e il 2010 e che perlomeno 500mila sono rifugiati o cercano rifugio in vari paesi del mondo. L’Ecuador, con i suoi 53mila rifugiati colombiani, è il paese più direttamente coinvolto in questa diaspora di disperati. Che non vede freno. Il conflitto armato colombiano è lontano dal finire, infatti, e gli sfollati continuano a scappare. La manu militari del governo non fa che peggiorare le cose e a dimostrarlo sono gli otto anni di Uribe, anni durante i quali la pace si è allontanata in maniera direttamente proporzionale alla violenza usata dagli organi statali contro tutto e tutti. Civili in testa. Santos sta continuando sulla stessa linea, pur avendo, però, teso una mano al dialogo. In primis, dettando tre condizioni alla guerriglia: liberare tutti i sequestrati, astenersi dal reclutare bambini e sospendere le azioni terroriste.
La Ley de vàctimas cerca di “stabilire un insieme di misure giuridiche, amministrative, sociali ed economiche, individuali e collettive, in beneficio delle vittime delle violazioni”, come recita l’articolo 3. E le vittime sono tutti coloro che hanno sofferto la violazione dei propri diritti come conseguenza di infrazioni al diritto internazionale umanitario o di violazioni gravi stabilite nelle norme internazionali dei diritti umani, nell’ambito del conflitto armato interno. Sono vittime i coniugi, i compagni, le coppie dello stesso sesso e i familiari di primo grado della vittima morta o scomparsa. E questa legge potrà “applicarsi a tutte le vittime, siano esse in Colombia o fuori, abbiano esse o meno la condizione di rifugiati politici“, ha precisato Juan Fernando Cristo.
“Queste persone, se lo vorranno dato che è volontario, potranno beneficiare di questa norma e pianificare il loro ritorno in Colombia”, ha aggiunto Cristo, specificando che ancora non è chiaro per chi questo sarà possibile. Entro il 15 novembre, comunque, sarà pronto il decreto che regolerà le procedure. “Se si tratta di sfollati da terre proprie, le riavranno indietro – assicura il senatore – mentre se si tratta di parenti di persone uccise o scomparse avranno un indennizzo“. Secondo i dati ufficiali, nei dieci anni in cui la Ley resterà in vigore, pagherà indennizzi a circa 4 milioni di persone vittime dei gruppi guerriglieri, paramilitari e agli agenti della forza pubblica a partire dal 1985, e ridarà le terre a circa 400mila famiglie di sfollati a partire dal 1991.
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