L’effetto domino sulle Procure
ROMA — Quattro inchieste che corrono parallele, quattro fascicoli che si concentrano sullo stesso obiettivo: verificare i rapporti tra Silvio Berlusconi e Gianpaolo Tarantini, l’uomo che per circa otto mesi ha reclutato escort da portare alle sue feste. Stabilire come mai quel legame si sia trasformato fino a far finire Tarantini sotto la tutela continua dello stesso premier e del suo entourage.
L’indagine principale nasce a Bari nel 2008. Tarantini è proprietario insieme al fratello di una società di forniture sanitarie, soprattutto protesi. Finisce sotto controllo perché sospettato di aver distribuito tangenti in cambio delle «commesse» ottenute dagli ospedali e dalle Asl. Ma ascoltando le sue conversazioni, i magistrati scoprono che procura prostitute ai suoi facoltosi clienti. E in questo elenco c’è anche Silvio Berlusconi che tra settembre 2008 e maggio 2009 ha con lui una frequentazione quasi giornaliera. Il rapporto si interrompe a metà giugno, quando Patrizia D’Addario racconta al Corriere della Sera le sue notti con il premier. L’inchiesta è svelata, così come quello che accade nelle residenze di palazzo Grazioli, Arcore e Villa Certosa. Tarantini è già indagato per sfruttamento della prostituzione.
Nel giugno scorso, durante gli accertamenti sugli appalti concessi da Finmeccanica, i pubblici ministeri napoletani intercettano i telefoni di Valter Lavitola, faccendiere vicino a Berlusconi, direttore de L’Avanti, noto soprattutto per aver curato personalmente l’affare che riguarda la casa di Montecarlo affittata al cognato di Gianfranco Fini. Registrano le sue conversazioni con i manager dell’azienda controllata dal ministero dell’Economia, ma poi si accorgono che ha contatti frequenti con Tarantini e con sua moglie Nicla. E sono proprio quei colloqui a rivelare che cosa sta accadendo: i tre parlano dell’inchiesta barese, discutono di quanto potrà succedere al momento della chiusura delle indagini, concordano di tenere Berlusconi «sotto pressione», di metterlo «con le spalle al muro». Poi affrontano il problema dei soldi, le richieste di denaro dei coniugi Tarantini sono continue, fino a quando si scopre che Lavitola ha ottenuto dal Presidente del Consiglio 500 mila euro destinati proprio a «Gianpy». Scatta così l’accusa di estorsione per tutti e tre. E si apre anche un’indagine sui magistrati baresi che viene trasmessa per competenza ai colleghi di Lecce.
Nelle telefonate Tarantini racconta infatti a Lavitola degli incontri tra i suoi avvocati a il procuratore di Bari Antonio Laudati, per concordare una via d’uscita dal processo che potesse evitare la pubblicazione delle intercettazioni telefoniche imbarazzanti per Berlusconi. Durante l’interrogatorio Tarantini giura che le sue erano solo millanterie, dice che nessun accordo è mai stato preso, anche tenendo conto che Laudati lo ha arrestato. Ma a lanciare nuove accuse è l’ex titolare dell’inchiesta, il pubblico ministero Giuseppe Scelsi, che accusa Laudati di averlo fatto spiare e di aver rallentato l’inchiesta proprio per favorire Berlusconi «perché lui stesso mi disse che era stato mandato in Puglia per volere dell’allora ministro della Giustizia Angelino Alfano». Laudati finisce sotto inchiesta a Lecce per favoreggiamento, abuso d’ufficio e violenza privata. A sua volta annuncia una denuncia per calunnia contro Scelsi.
Mentre a Bari litigano, a Napoli il giudice Amelia Primavera che ha ordinato l’arresto di Tarantini e degli altri due per estorsione, riceve un’istanza dei difensori che chiedono la scarcerazione degli indagati. Arriva il colpo di scena, perché si dichiara incompetente a decidere e ordina la trasmissione del fascicolo a Roma. Gli interrogatori compiuti e la memoria depositata da Berlusconi (che aveva rifiutato di farsi interrogare come testimone), dimostrano secondo la gip che le dazioni sono avvenute a palazzo Grazioli, dunque Napoli non può andare avanti. Respinge anche l’ulteriore ricorso dei pubblici ministeri che sono così costretti a disporre l’immediato invio del fascicolo. I loro accertamenti sull’estorsione finiscono, ma ora si avvia il capitolo che riguarda le presunte pressioni esercitate da Berlusconi su Tarantini. E le inchieste aperte continuano ad essere quattro.
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