«Danno sociale dai comportamenti licenziosi»
CITTà€ DEL VATICANO — «Mortifica soprattutto dover prendere atto di comportamenti non solo contrari al pubblico decoro ma intrinsecamente tristi e vacui». Non è mai stato così duro, il cardinale Angelo Bagnasco. Sono passate da poco le 17.30 quando il presidente della Cei sillaba la prolusione più attesa davanti al consiglio dei vescovi. Non nomina mai il premier Silvio Berlusconi o lo scandalo intercettazioni, ma si riferisce ai «comportamenti licenziosi» e all’«immagine del Paese pericolosamente fiaccata all’esterno» e c’è poco da interpretare: «Si rincorrono, con mesta sollecitudine, racconti che, se comprovati, a livelli diversi rilevano stili di vita difficilmente compatibili con la dignità delle persone e il decoro delle istituzioni e della vita pubblica». C’è una «questione morale», in Italia, che «non è un’invenzione mediatica» ma «un’evenienza grave» la quale, peraltro, «non è una debolezza esclusiva di una parte soltanto». E quando «intacca la politica» ha conseguenze «culturali ed educative», arriva a «propagare la cultura di un’esistenza facile e gaudente». Poi alza lo sguardo: «Ecco perché si tratta non solo di fare in maniera diversa, ma di pensare diversamente: c’è da purificare l’aria, perché le nuove generazioni non restino avvelenate».
Il cardinale, come sempre, è stato ricevuto alla vigilia da Benedetto XVI — sabato 17 — e lo ha informato di tutto. Se tra i vescovi è cresciuto un disagio ormai prevalente, la Santa Sede mantiene la sua linea «istituzionale» e distaccata. Però non è indifferente che il Papa, partendo giovedì per Berlino, abbia «auspicato» nel telegramma al presidente Napolitano «un sempre più intenso rinnovamento etico per il bene della diletta Italia». Joseph Ratzinger del resto si tiene informato, gli stessi giornali tedeschi pullulavano di articoli sulle vicende italiane e Der Spiegel — distribuito pure nel volo papale — aveva una pagina dedicata alla frase sconcia (non emersa dai verbali) che Berlusconi avrebbe detto su Angela Merkel. Titolo: Zotig und Vulgà¤r, «osceno e volgare».
Certo, ha detto Bagnasco, «colpisce l’ingente mole degli strumenti di indagine su questi versanti, quando altri restano disattesi e indisturbati» e anche «la dovizia delle cronache». Però non ci dev’essere «nessun equivoco», chiarisce: «A prescindere dalle strumentalizzazioni» la «responsabilità morale» ha «una gerarchia interna» e va detto che «i comportamenti licenziosi e le relazioni improprie sono in se stessi negativi e producono un danno sociale a prescindere dalla loro notorietà ». Di più: «Ammorbano l’aria e appesantiscono il cammino comune».
Il presidente della Cei è partito dal «senso di insicurezza» e dall’«attonito sbigottimento culturale e morale» del Paese. La «questione morale», peraltro, ha varie facce, ce n’è per tutti: «Comitati di affari» che «si autoimpongono attraverso un reticolo clientelare» e «intasano» la vita pubblica con «remunerazioni tutt’altro che popolari», il costo dell’«intermediazione affaristica» e dei «suggerimenti interessati di nomine e promozioni». Ma anzitutto risponde a chi accusava la Chiesa di «silenzio»: «Forse che davvero è mancata in questi anni la voce responsabile del magistero ecclesiale che chiedeva e chiede orizzonti di vita buona, libera dal pansessualismo e dal relativismo amorale?». Così cita «non per vantare titoli, ma per invitare tutti a non cercare alibi» quanto il professor Francesco Paolo Casavola ha scritto sul Corriere: «L’unica voce che denuncia i guasti della società della politica è quella della Chiesa cattolica». Del Corriere cita anche un articolo di Giuseppe De Rita sull’attenzione ai «fatti della vita politica» dei fedeli e torna sul nuovo impegno dei cattolici: «Sembra rapidamente stagliarsi all’orizzonte la possibilità di un soggetto culturale e sociale di interlocuzione con la politica, che – coniugando strettamente l’etica sociale con l’etica della vita – sia promettente grembo di futuro, senza nostalgie né ingenue illusioni». Tra l’altro «non ancora sufficiente» ciò che si è fatto per fronteggiare la crisi o il «cancro sociale dell’evasone fiscale», chiede si riconosca ai cittadini «la titolarità loro dovuta» sulla «rappresentanza elettorale», cioè le preferenze.
Ma c’è infine una frase che va oltre la «purificazione dell’aria» e somiglia alla richiesta di un passo indietro del premier. È quando Bagnasco ricorda la sofferenza delle famiglie, dice che la gente «guarda con sgomento gli attori della scena pubblica e l’immagine del Paese all’esterno ne viene pericolosamente fiaccata», spiega che nell’attuale situazione di stallo che «inibisce il bene generale» non ci sono «vincitori né vinti». E conclude: «Ognuno è chiamato a comportamenti responsabili e nobili. La storia ne darà atto».
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Rossi non lo diventeranno mai, ma esperti lo sono e ai massimi livelli. I professori-ministri del nuovo governo Monti offrono un colpo d’occhio inedito, come fossimo tornati alla destra storica, al governo dei piemontesi. Come se con le dimissioni di Berlusconi fossimo rimbalzati ai liberali conservatori, superando di slancio il dopoguerra democristiano e il bipolarismo berlusconiano. In fondo si celebrano i 150 anni dell’unità d’Italia.