L’apertura di Alfano «Pronti a cambiare la legge elettorale»

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ROMA — Angelino Alfano va a un convegno della Fondazione Nuova Italia — fa riferimento al sindaco di Roma Gianni Alemanno — e rivela che il Pdl è pronto a rivedere il Porcellum. «Come Pdl — annuncia — avendone io parlato con il presidente del Consiglio Berlusconi, siamo già  al lavoro. La prossima settimana convocherò un tavolo di soggetti istituzionalmente competenti per cambiare la legge elettorale».

Non entra in dettagli, né indica i modelli di riferimento se cioè si guardi, come era corsa voce nei giorni scorsi, a due possibili modelli: spagnolo o tedesco. Alfano spiega che l’obiettivo del nuovo meccanismo «è restituire ai cittadini il diritto di scegliersi deputati e senatori, ma anche conservare quello di designare il premier». I candidati, insiste, «non devono essere calati dall’alto, ma spinti dal basso per essere rappresentativi dell’intero Paese e dei singoli territori». Certo è che, garantisce, «non si torna indietro di venti anni, noi pretendiamo la salvaguardia del bipolarismo e della democrazia trasparente, chi vota sa già  chi sarà  il premier se vincerà  una coalizione piuttosto che un’altra». Non solo, Alfano si dichiara «favorevolissimo» alle primarie che ritiene debbano «diventare la regola all’interno del Pdl».

Le parole del giovane segretario del Popolo della libertà  piacciono ad Alemanno. Il sindaco di Roma teorizza da tempo, di fronte alla situazione di affanno in cui versa il Pdl, «un allargamento del centrodestra all’Udc» e allo stesso tempo «un ridimensionamento del ruolo della Lega, dato che il Pdl vale quasi il 30% mentre il Carroccio non arriva al 10». Alfano, però, obietta che «adesso con quanti si riconoscono nei valori del popolarismo europeo il dibattito non può andare oltre un fatto culturale. Io sto lavorando a un processo di riunificazione del centrodestra, ma sono contrario alla logica degli appelli. Non vorrei che qualche agenzia titolasse “Alemanno e Alfano si appellano all’Udc”». Noi, insiste, «siamo consapevoli della nostra forza, anche in un momento di difficoltà  il Pdl è il primo partito». Quanto poi al Carroccio, Alfano dice con chiarezza, anzi scandisce, che «la gestione del rapporto con loro è complessa, ma senza la Lega non saremmo maggioranza, staremmo all’opposizione. Dobbiamo riconoscerlo con concretezza». L’asse Bossi-Berlusconi, spiega, «ha garantito governabilità , se viene meno questo asse ne avremmo uno composto da Bersani, Vendola e Di Pietro». Alfano, però, rassicura Alemanno: «Questo non significa arrendevolezza, ma semplicemente riconoscere che da solo il Pdl non ha i voti per vincere: non abbiamo il 51%».

Alemanno e Maurizio Gaspari immaginano sia lui a guidare il centrodestra al voto. E lo stesso pensa Ignazio La Russa che pronostica: «Con estrema probabilità  Berlusconi non si candiderà  nel 2013». Alfano si schermisce («non ci sono elezioni») e invita tutti a «lavorare insieme, a difendere i nostri valori, la nostra storia e la nostra classe dirigente» ricordando che «senza Berlusconi non ci sarebbe il bipolarismo».

Già  Berlusconi. Il premier viene incoraggiato a non mollare da Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset e suo amico da oltre sessant’anni: «Sono perché resista, non capisco perché debba lasciare». Confalonieri qualche timore sulle sorti del gruppo da lui presieduto qualora cada il governo ce l’ha: «Se si ha cuore il Paese non si capisce perché si debba azzoppare un’azienda come Mediaset».


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