Lacrime, canti e bandiere nelle piazze di Ramallah “Siamo entrati nella storia”

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RAMALLAH – Il passaggio storico per il Medio Oriente con il discorso di Abu Mazen dal podio dell’Onu sembra nelle piazze di Ramallah quasi una finale del mondiale di calcio, con la Palestina in vantaggio sull’avversario. Nella Al Manara Square decine di migliaia di occhi sono puntati sui maxi-schermi, bandiere, t-shirt con la scritta “Palestine 194”, bambini con i colori nazionali palestinesi dipinti sul volto, canti, balli, qualcuno che distribuisce dolcetti, ci sono i banchetti con i succhi di frutta. Bar e caffè sono pieni qui, così come tutte le piazze delle principali città  della Cisgiordania dove sono stati montati i maxi-schermi, a Nablus, Jenin, Hebron. Una festa, la festa della Palestina. Solo a Gaza ognuno ha seguito il discorso di Abu Mazen da casa perché Hamas ha vietato ogni manifestazione.
Le parole del presidente, certamente meno retoriche e teatrali di quelle con cui Arafat nel 1974 si rivolse al mondo dallo stesso podio («Vengo qui con un fucile e un ramo d’olivo: non lasciate che il ramoscello cada dalla mia mano»), hanno suscitato applausi, commosso la gente. Abu Mazen ha saputo toccare davvero – forse per la prima volta – il cuore della sua gente. Quella sua fermezza, nonostante le pressioni di Usa e Europa, ha fatto breccia nell’uomo della strada. Fermezza ribadita poco prima di salire sul podio quando ha voluto personalmente consegnare al segretario generale Ban Ki-Moon una cartellina bianca con al centro l’aquila palestinese contenente la richiesta di adesione «a pieno titolo» della Palestina all’Onu. Applausi scroscianti dalla folla quando Abu Mazen ha denunciato l’occupazione, «l’attività  criminale» e «la pulizia etnica» a cui sono sottoposti i palestinesi in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, le violenze dei coloni. Ma questo, dice Abu Mazen, non ha mutato la nostra posizione: siamo con la mano tesa verso Israele per una pace giusta e durevole. E quando al termine il presidente mostra la richiesta di adesione all’Onu sale un boato dalla folla, e poi quando ha detto visibilmente commosso che i «palestinesi non possono mancare l’appuntamento con la storia, con l’indipendenza, con la libertà » è venuto giù il cielo: urla, lacrime, applausi. Poi un solo slogan urlato da migliaia di voci: «Palestine, Palestine».
Una festa macchiata solo da qualche incidente sporadico, visto anche il forte dispositivo di sicurezza messo in campo sia dall’Anp che da Israele, con migliaia di uomini mobilitati. Un palestinese è morto negli scontri con coloni israeliani in un villaggio a sud di Nablus, in Cisgiordania. L’uomo è stato centrato da un proiettile di gomma sparato dai soldati israeliani intervenuti per sedare le violenze. Tutto era cominciato nel pomeriggio quando una cinquantina di coloni, provenienti dal vicino settlement di Esh Kodesh, aveva attaccato il villaggio di Qusra, spaccando le finestre delle case con pietre e bastoni. I residenti hanno risposto con lancio di sassi, innescando gli scontri. Sulla scena sono intervenuti i soldati israeliani che hanno utilizzato gas lacrimogeni e proiettili di gomma per dividere le due parti. La tensione nella città  è altissima, nei giorni scorsi due moschee nella zona sono state bruciate e migliaia di alberi d’ulivo sono stati abbattuti; diversi coloni sono stati fermati dopo questi episodi. Qualche scaramuccia è avvenuta in altre località , a Bilin, a Naalin e Har Gilo, tutti insediamenti colonici della Cisgiordania.


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