L’assalto a Finmeccanica di Tarantini e compagni

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BARI – Per appagare l’appetito sessuale del Presidente del Consiglio, «utilizzatore finale» e compulsivo della sua scuderia, per assumere il “rischio di impresa” della giostra che aveva messo in moto tra Palazzo Grazioli, Arcore, villa Certosa («complessivamente ho svuotato le mie società  per 4-5 milioni di euro») e quello previsto dal codice penale, Gianpaolo Tarantini aveva fissato un prezzo. Entrare nel Gioco Grande delle commesse pubbliche. Quelle da sei zeri in su. Lasciarsi alle spalle la redditizia quanto miserabile corruzione che pilotava le gare per le forniture di protesi sanitarie, per entrare dalla porta principale nel business di Finmeccanica e del Dipartimento della Protezione Civile, attingendo così alle due grandi e opache tasche della spesa pubblica. Un prezzo che Silvio Berlusconi aveva accettato di pagare (con denaro pubblico). E che, ragionevolmente, sarebbe stato messo all’incasso se non fosse saltato il banco nel giugno del 2009 con l’outing di Patrizia D’Addario, quando Tarantini è a un passo dall’ottenere l’accesso alla “white list” della Protezione Civile che garantisce l’ingresso tra i fornitori del G8 dell’Aquila.
Nelle dieci pagine di avviso di conclusione indagini, il baratto tra il lenone barese e il Presidente del Consiglio viene fissato dal procuratore di Bari Antonio Laudati e dai sostituti Eugenia Pontassuglia e Ciro Angelillis con la certezza dell’indicativo. «Tarantini – scrivono i magistrati – promuove e organizza l’associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione per consolidare il rapporto con Silvio Berlusconi. Per ottenere, per il suo tramite, incarichi istituzionali e allacciare, avvalendosi della sua intermediazione, rapporti di tipo affaristico con i vertici della Protezione Civile, di Finmeccanica spa, di società  a quest’ultima collegate». Parliamo della “Sel Proc” (società  consortile a responsabilità  limitata, incaricata di indire, per conto del Dipartimento della Protezione Civile, gare ad evidenza pubblica), della “Selex Sistemi Integrati spa” (società  del gruppo Finmeccanica specializzata in progettazione di sistemi di sicurezza civile e militare di cui è amministratore delegato Marina Grossi, moglie del presidente del gruppo Pierfrancesco Guarguaglini), della “Seicos spa” (altra costola di Finmeccanica, specializzata nella progettazione e gestione di reti integrate di telecomunicazione), di “Infratel Italia” (una spa costituita dal ministero per lo sviluppo economico e dedicata alla realizzazione di infrastrutture per la banda larga e il digitale nelle regioni del sud). E’ una partita a suo modo semplice in cui Tarantini ritiene di giocare sul sicuro (le commesse della Protezione Civile e di Finmeccanica conoscono procedure di affidamento che garantiscono riservatezza) e nella quale – ne sono convinti i pm – trascina altri due compagni di viaggio. L’amico di merende Massimiliano Verdoscia e un professionista che orbita in area Pd: l’avvocato d’affari brindisino Salvatore Castellaneta, già  finanziatore dell’associazione “Fare Metropoli” di Filippo Penati. «Convinti – annotano i pm – di beneficiare indirettamente dei vantaggi economici che Tarantini, cui erano legati da rapporti di affari, avrebbe conseguito attraverso l’aggiudicazione di commesse da parte delle società  legate a Finmeccanica».
Berlusconi dunque «fa da tramite», «intermedia», consegna a uno sconosciuto imprenditore cocainomane il passe-partout che lo introduce a Guido Bertolaso, a Pierfrancesco Guarguaglini e sua moglie Marina Grossi. L’ex capo della Protezione civile, piccato, si dice stupefatto («Se qualcuno trovasse tra le telefonate un mio coinvolgimento con Tarantini sono pronto ad auto accusarmi come il peggiore bandito d’Italia»). Mentre Finmeccanica tace. Non fosse altro che, in attesa della discovery completa degli atti di indagine, è documentato come, dal 3 al 5 marzo del 2009, a Roma, in una stanza dell’hotel Valadier, uno dei suoi dirigenti, il leccese Salvatore Metrangolo, procuratore generale della “Selex Service” e della “Seicos”, gode della compagnia di tre ragazze offerte da Tarantini. Tali Niang Kardiatou, detta “Hawa”, e le sorelle Fadoua ed Emiliana Sebbar.
E’ un format che, in quest’ultimo anno di indagini su Finmeccanica condotte tra Roma, Napoli e ora Bari, abbiamo imparato a conoscere. Che ieri, sotto la pressione dell’istruttoria disposta dalla Procura di Napoli, ha consigliato («per tutelare l’immagine dell’azienda») le dimissioni al direttore commerciale della holding di piazza Montegrappa, Paolo Pozzessere, che, intercettato telefonicamente, accredita il sospetto di essere al corrente di una diffusa pratica di corruzione internazionale per assicurarsi commesse estere. Ed è un format che una qualificata fonte investigativa riassume con parole semplici: «Finmeccanica e la Protezione Civile sono state la stanza di compensazione della politica e della sua numerosa corte».
Le inchieste dicono oggi che Finmeccanica, attraverso il sistema degli appalti Enav aggiudicati a Selex, ha finanziato la politica. Ha incrociato i destini di Marco Milanese (che decideva sulle nomine delle società  controllate del Tesoro di secondo e terzo livello, incluse quelle di Finmeccanica, dunque) e del ministro Giulio Tremonti. In Finmeccanica ha regolato i suoi conti Valter Lavitola, diventandone un “consulente” per l’estero. In Finmeccanica aveva trovato e reclamava il suo tesoro (6 milioni di euro di consulenza) Debbie Castaneda, già  miss Columbia, moglie di Marco Squatriti, vecchia conoscenza di Tangentopoli, soprattutto, amica del Presidente. In Finmeccanica doveva trovare il paradiso Gianpaolo Tarantini da Giovinazzo. E’ diventata la sua tomba.


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