La “vendetta” di Putin contro il miliardario playboy
MOSCA. Tempi duri, almeno in Russia, per i miliardari in politica. Lo sa bene l’oligarca-play boy Mikhail Prokhorov, 46 anni, re del nickel e di altri metalli preziosi, terzo uomo più ricco di Russia con un patrimonio personale di 14 miliardi euro, distrutto in poche ore da un complotto vecchio stile, programmato e deciso nelle sole stanze che contano. Fatto fuori, a sorpresa, dal suo partito è rimasto solo contro tutti. A reclamare, senza troppe speranze di riavere indietro i 20 milioni e passa di euro versati per una campagna elettorale che non è mai cominciata.
Appena questa estate, quando aveva improvvisamente deciso di candidarsi per le politiche di dicembre, sembrava una clamorosa novità . Non che godesse di grandi simpatie popolari, ma aveva portato qualcosa che da queste parti non si vedeva da tempo: critiche dure al governo di Vladimir Putin, opinioni bislacche ma originali sul futuro modello di sviluppo del Paese. E perfino un giornale dalla testata ambiziosa, “Quelli che conoscono la verità “, che ogni mattina aveva un solo obiettivo: fare il contropelo ad ogni dichiarazione, decisione, proposta, del cosiddetto tandem al potere formato da Putin e dal presidente Dmitri Medvedev. Troppo per illudersi di continuare a volare senza controlli. Anche perché Prokhorov cominciava a tradire un altro più allarmante obiettivo: la candidatura alla poltrona più importante del Cremlino nelle prossime presidenziali di marzo.
Spregiudicato, calcolatore, abituato a gestire le sue aziende con piglio dittatoriale, Prokhorov si era per qualche tempo illuso di potercela fare. Il blitz lo ha sorpreso e gli ha fatto perdere letteralmente la testa. Per due o tre giorni ha inveito contro Putin e Medvedev, ha lanciato minacce contro personaggi oscuri e intoccabili. Poi piano piano, come scrivono i più autorevoli politologi di Russia, ha deciso di superare «i giorni della umiliazione» e sta pensando seriamente a ritornare a concentrarsi sulle sue aziende.
La storia è esemplare di quello che può capitare da queste parti a chi lancia sfide troppo azzardate. All’inizio della vicenda Prokhorov sarebbe stato convinto proprio dai suoi amici Putin e Medvedev a lanciarsi nella politica. Troppo forte è il clamore in patria e all’estero dell’assoluta mancanza di un serio movimento di opposizione autorizzato a partecipare. Un antagonista non troppo pericoloso ma molto vistoso sembrava una buona soluzione. Prokhorov appariva come l’uomo giusto. Deciso, intelligente ma poco credibile come vero leader. E non solo per l’arricchimento repentino e misterioso che è una costante della biografia di tutti i super ricchi del Paese. Bastava ricordarsi per esempio della strana vicenda della notte di Natale del 2007 quando la polizia francese lo arrestò nel lussuoso resort alpino di Couchvel. Era successo che per movimentare la serata di una trentina di finanzieri internazionali suoi ospiti, aveva fatto venire apposta un intero charter di escort di lusso rastrellate nei più esclusivi locali di Mosca.
Più grave ancora, per l’immaginario collettivo, era stato l’episodio del giugno 2009 quando lo scapolo d’oro degli oligarchi russi si era concesso una notte di bagordi con escort e modelle, nientedimeno che sull’incrociatore “Aurora”, reliquia della Rivoluzione bolscevica, ormeggiato nel porto di San Pietroburgo, e preso in affitto per una festa senza limiti tra danze oscene e cori alla vodka. Roba da far gridare al sacrilegio i comunisti che sono ancora la terza forza in Parlamento.
Insomma un oppositore ideale, con tanti punti deboli da renderlo controllabile. Cosi a Prokhorov è stato concesso di comprare letteralmente un vecchio partito in disarmo, “Giusta Causa”. Di cacciare a piene mani gran parte dei militanti e di imporre una gestione personale. Niente manifesto politico, niente proposte concrete, solo «l’opinione del capo che ha fatto i soldi e sa come ottenere il successo». L’obiettivo era quello di superare lo sbarramento del 7 per cento ed entrare in Parlamento. Qualcuno azzardava addirittura che se Prokhorov si fosse allineato avrebbe pure potuto mirare a un ruolo da premier.
Ma l’ebbrezza della politica deve averlo travolto. Ha lanciato un evidente sfida e la trappola è scattata in poche ore. All’improvviso proprio in apertura del congresso di Giusta causa, gli innocui militanti ridotti al rango di impiegati hanno trovato il coraggio di presentare una mozione «sulla sua condotta da dittatore» e lo hanno espulso a larga maggioranza. Colpito al cuore Prokhorov ha chiesto un incontro faccia a faccia con premier e presidente che non gli hanno nemmeno risposto. In compenso la tv di Stato ha confezionato a tempi di record uno special sulle losche amicizie di un suo collaboratore. E subito dopo ha messo in onda un’altra inchiesta-verità sui misteriosi guadagni di Alla Pugaciova, la più popolare cantante russa che si era schierata al suo fianco. Segnali evidenti, accerchiamento totale. Prokhorov annulla minacciose interviste e conferenze stampa e si prepara a una lenta uscita di scena.
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