La Palestina può ancora attendere

by Sergio Segio | 22 Settembre 2011 6:12

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«Sono convinto che per mettere fine a un conflitto che dura da decenni non ci siano scorciatoie – ha detto Obama -. La pace non verrà  attraverso note ufficiali o risoluzioni Onu. Non siamo noi, ma gli israeliani e i palestinesi che devono trovare un accordo: sulla sicurezza e sui confini, sui rifugiati e su Gerusalemme». Quindi ha ricordato il suo discorso all’Onu dell’anno scorso in cui aveva auspicato l’esistenza di «una Palestina indipendente». Però – ha aggiunto – «malgrado gli intensi sforzi degli Stati uniti e di altri paesi, le parti non hanno risolto i disaccordi. Di fronte all’impasse, in maggio ho proposto una nuova base per i negoziati». Allora, Obama aveva precisato che il futuro stato palestinese avrebbe dovuto basarsi sui confini del ’67, come stabilito dalle risoluzioni Onu 242 e 338, parlando di «scambi di territori in accordo fra le due parti». Una posizione allora ritenuta «indifendibile» dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. «L’impegno americano per la sicurezza di Israele è inamovibile – ha ribadito ieri Obama – la nostra amicizia è profonda e duratura». E questa volta, Netanyahu ha calorosamente salutato la posizione del grande alleato Usa e la sua promessa di porre un veto qualora il Consiglio di sicurezza rispondesse favorevolmente a Abbas: «I palestinesi vogliono ottenere uno stato, ma non sono ancora pronti a far la pace con Israele. Il loro tentativo di avere un riconoscimento all’Onu non passerà », ha vaticinato il primo ministro israeliano.
Ai palestinesi servirebbe una maggioranza di 9 voti su 15 e nessuna opposizione da parte dei 5 membri permanenti (Cina, Russia, Usa, Francia e Regno unito). Ma già  ieri il presidente francese Nicolas Sarkozy ha proposto che la Palestina si accontenti di essere uno stato osservatore, all’Onu, immaginando un calendario di negoziati lungo un anno per giungere a un accordo di pace definitivo con Israele. Sarkozy ha però anche messo in guardia Usa e Palestina dall’ingaggiare un braccio di ferro: perché un veto Usa – ha detto – porterebbe a un nuovo ciclo di violenza in Medioriente. «La fine dell’occupazione israeliana e la costituzione di uno stato palestinese sono la sola via verso la pace», ha affermato invece la parte palestinese. «Accetteremo di tornare al tavolo dei negoziati quando Israele fermerà  la colonizzazione e ammetterà  i confini del ’67. Siamo convinti che non esistano scorciatoie. Per questo, la pace verrà  proprio dalle risoluzioni dell’Onu».

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