La grande caccia al tesoro. Il negoziato con la Svizzera
Portiamo per semplicità la maxiforchetta al suo valore mediano, 180 miliardi di redditi «scappati» oltre confine nel corso degli anni. E applichiamo un’aliquota Irpef media — e prudenziale — del 33%. Arriviamo così a 60 miliardi: a tanto ammonterebbero — se le stime sono giuste — gli importi che il Fisco avrebbe voluto incassare ma non ha potuto farlo. Sessanta miliardi, tanto per fare un paragone, valgono più o meno l’intero fabbisogno dello Stato italiano nel 2010.
Il recupero della tassazione perduta all’estero non è però un problema solo italiano. Nell’ultimo mese, infatti, Gran Bretagna e Germania hanno siglato un’intesa con la Svizzera su un’imposta anonima liberatoria più ampia dell’attuale euroritenuta (la tassa concordata a suo tempo tra Berna e Ue), in cambio del mantenimento del segreto bancario elvetico. E ora potrebbe seguire anche l’Italia — dove pure restano i dubbi per l’anonimato che non cade — alle prese con il pareggio dei conti pubblici. «Bisogna lavorare sulla base dello schema degli accordi fatti dalla Svizzera con Germania e Regno Unito», ha dichiarato al Corriere del Ticino il sottosegretario italiano all’Economia Luigi Casero.
Ma quali sono i punti delle due intese (preliminari) già siglate, quella britannica e tedesca, che oggi potrebbero «ispirare» l’Italia per colpire i redditi non dichiarati dai propri residenti? I due accordi entrano in vigore nel 2013 e guardano tanto al patrimonio accumulato negli anni dai vari Mr Smith e Herr Schmidt nei caveau elvetici — senza comunicarlo al proprio Paese — quanto ai redditi futuri (interessi, dividenti, etc.), naturalmente una volta che saranno realizzati.
Il caso tedesco
Berlino ha previsto un «range» di aliquote da applicare come liberatoria (un tipo di scudo fiscale per sanare il passato), dal 19% al 34%, tenendo conto del tempo di detenzione del patrimonio in Svizzera e del reddito accumulato negli anni in cui non sono state pagate le imposte. Dopo, scatta il regime per il futuro. Il 1 gennaio 2013, i tedeschi con patrimoni accumulati clandestinamente nel Paese alpino si troveranno di fronte a un bivio: dichiarare i redditi e pagare le tasse in Germania oppure mantenere l’anonimato accettando il prelievo alla fonte applicato automaticamente dalle banche elvetiche (il 26,3% di dividendi, interessi e altri redditi da capitale) e poi girato a Berlino. Le banche della Confederazione gestiranno patrimoni solo per conto di clienti che pagano le tasse e «la clientela che non accetta queste condizioni sarà costretta a trasferire i conti presso altre banche non svizzere», ha sottolineato l’avvocato elvetico e docente di diritto bancario Paolo Bernasconi al Sole 24Ore.
La variante inglese
Per quanto riguarda Londra, invece, l’imposta anonima per i cittadini britannici non residenti in Svizzera ma con conti e patrimoni nella Confederazione (e che opteranno per la non dichiarazione di questi beni) assorbirà il 40% dei dividendi, il 48% sugli interessi e il 27% degli altri redditi da capitale. Al capitolo della sanatoria per il passato, è stata stabilita tra Berna e Londra un’aliquota massimale del 34% sui patrimoni, a dipendenza degli importi e degli anni. Secondo le stime delle banche elvetiche, l’aliquota media per il pregresso sarà tra il 20% ed il 25%.
I controlli
Ma se ci fosse il rischio che nella Confederazione qualche capitale sfuggisse dal setaccio e non tutte le ritenute annunciate fossero applicate? L’accordo evita sì lo scambio automatico di informazioni tra Londra e Berna ma prevede una sorta di meccanismo di garanzia che permette alle autorità britanniche di presentare domande di informazioni sui contribuenti. Il numero delle richieste sarà limitato in un primo tempo fino a 500 l’anno e successivamente sarà adeguato sulla base dei risultati — ha scritto il Sole 24Ore — ma non sarà consentita la ricerca generalizzata e indiscriminata di informazioni. Un’altra contropartita ottenuta dalla Confederazione è un più libero accesso di banche e fondi elvetici al mercato britannico.
Gli anticipi
Se gli accordi partono dal 2013, questo non vuole però dire che gli incassi per Berlino e Londra non arrivino prima. Le banche svizzere, nel caso inglese, anticiperanno un importo sul pregresso (500 milioni di franchi) che recupereranno in seguito, una volta arrivati i versamenti dei cittadini britannici all’erario di Londra attraverso Berna. Per Berlino l’importo dell’anticipo è di 2 miliardi di franchi.
E l’Italia? Riuscirà a recuperare quei 60 miliardi di euro che sarebbero sfuggiti alle casse del Fisco per approdare sui laghi elvetici? Se sì, in quale percentuale? L’ipotesi di un accordo fiscale italo-svizzero è nell’aria; e «a fine settembre si dovrebbe aprire un tavolo di governo tra Roma e Berna» per discutere, ha detto Laura Comi, europarlamentare del Pdl di Varese che ha seguito i temi dei frontalieri tra i due Paesi.
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