La favola del premier generoso un uomo ormai sotto ricatto che funziona come un bancomat

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ROMA – E vabbè che l’Italia è il paese di Pinocchio, ma c’è un limite nel credere alle favole. Quella dei 500mila euro una tantum e dei 20mila mese fissi “regalati” dal Cavaliere all’imprenditore procura-femmine Tarantini, versati solo «per buon cuore», perché lui «ha i soldi» e «dà  una mano a chi è in difficoltà », non sta proprio in piedi. È una “favola” a cui nessuno, che abbia senno, raziocinio, sale in zucca, può credere. Se il presidente del Consiglio, come argomentano i tre pm di Napoli Woodcock, Curcio, Piscitelli, è vittima di un estorsione del duo Lavitola-Tarantini, per certo essa è un’estorsione del tutto particolare. Dietro la quale, a scorrere il corposo dossier delle intercettazioni che reggono l’arresto di Tarantini, della moglie, e la caccia al latitante Lavitola, c’è il capitolo più disordinato della vita di Silvio Berlusconi, quello delle donne.
La favola della sua presunta generosità  rivela e dimostra, mai prima come in quest’inchiesta della procura di Napoli, un unico fatto: Berlusconi è da tempo, proprio per via delle “femmine”, un uomo ricattabile. Quindi debole, quindi privo della trasparenza necessaria per sedere a palazzo Chigi e fare il premier. Il 13 luglio, alle 23 e 15, il Cavaliere dice a Lavitola: «Io sono assolutamente tranquillo…a me possono dire che scopo, è l’unica cosa che possono dire di me, è chiaro?». Ma è proprio qui il punto debole. Il suo punto debole. Con chi, e grazie a chi, il presidente del Consiglio frequenta le ragazze. È l’oggetto del processo Ruby a Milano. È stato il tormentone del suo rapporto con Noemi Letizia, quando non aveva ancora 18 anni. È il tema dell’inchiesta di Bari sul giro di escort dell’imprenditore barese Gianpaolo “Gianpi” Tarantini, una per tutte, Patrizia D’Addario. È quello di cui, per minuti e minuti, discutono al telefono Tarantini e il giornalista-facendiere Valter Lavitola, e poi Lavitola con la moglie di Tarantini Angela Devenuto, detta Nicla, detta Ninni.
Ragionano su come spillare soldi al capo del governo. Che è, per l’appunto, un uomo politico ricattabile. Il perché lo dice Tarantini stesso. Il 5 luglio, mentre parla con Lavitola su un cellulare panamense. «Ci sono delle telefonate tra me e le ragazze, in cui loro mi dicono che lui, il giorno prima, gli ha dato i soldi». Riferisce il brogliaccio della polizia che Lavitola fa cenno di non aver capito. E Tarantini, che nell’estate del 2008 tra palazzo Grazioli e Villa Certosa faceva divertire il premier con le squillo portate in auto dai vetri oscurati, ripete pari pari: «Ci sono delle telefonate tra me e le ragazze, nelle quali dicono che hanno ricevuto soldi da lui». Lavitola minimizza, cerca di rabbonire Tarantini che vuole ottenere sempre di più denaro da Berlusconi: «Lascia stare, non facciamo cose sbagliate. Sono regali, lui ha ammesso che ha dato i mille, i tremila euro, lascia stare…». Sa, Lavitola, che se Berlusconi dovesse essere incriminato per favoreggiamento alla prostituzione, cadrebbe di conseguenza anche la loro chance di ricattarlo, finirebbe il gioco di spaventarlo per poi mungerlo. Perché, è scontato, non farebbe più il premier.
Ma resta, a cambiare del tutto la storia dei processi su Berlusconi e le sue amanti, l’insistente refrain di Tarantini, quando parla dell’ultima informativa della Guardia di finanza, la più scottante, in cui, per la procura di Bari, sono state raccolte tutte le intercettazioni tra lui e Berlusconi. Non avrebbero dovuto farlo le Fiamme gialle, ma lo hanno fatto, e chissà  se c’è un retroscena anche in questo. Ma Tarantini il 2 luglio, annuncia a Lavitola: «C’è un problema grosso…Hanno fatto un puttanaio…un putiferio…hanno trascritto tutto, cosa che non dovevano fare…le mie e le sue…il capo (ossia il procuratore di Bari Antonio Laudati, ndr.) stava cacato nelle mutande, ha detto “ti prego aiutatemi”…Non se la può più tenere questa cosa finale, la deve mandare avanti…e se va…dice che sono terrificanti».
«Terrificanti». Sta tutta qui la svolta. Investigativa. Mediatica. Politica. A volte un aggettivo può cambiare la storia dell’Italia. Sicuramente possono farlo intercettazioni che rivelano come il premier, a palazzo Grazioli e a villa Certosa, nelle residenze in cui abitualmente tiene i vertici politici, in cui ha invitato capi di Stato come Putin e Blair, ha ospitato pure le prostitute che ha lautamente pagato per i loro servigi. Ci ha passato anche un’intera notte, come con la D’Addario. Questo sanno Tarantini e Lavitola. Per questo lo chiamano, ci parlano, lo spaventano, gli agitano lo spauracchio dello sputtanamento mediatico, gli spillano quattrini. Questo rivela l’inchiesta di Napoli. Di questo dovrà  parlare Berlusconi quando si sederà  davanti ai pm Woodcock, Curcio, Piscitelli.
Berlusconi e le donne. Berlusconi e Lavitola. Berlusconi e le telefonate notturne. Berlusconi e i cellulari panamensi. Berlusconi e i soldi a Lavitola e Tarantini. Berlusconi e il futuro del Rubygate. Berlusconi e l’improvvisa accelerazione, a luglio, sulle intercettazioni. Giusto quando apprende che la Gdf ha sbobinato e raccolto le sue sciagurate conversazioni con Tarantini del 2008. Tanti capitoli di un unico libro, quello della sua ricattabilità . Scrivono i pm a proposito del suo rapporto con Lavitola che «non pare giustificato da incarichi politici o istituzionali, né da una sua collocazione nella galassia aziendale o nella famiglia». Eppure ecco i due al telefono il 13 luglio. «Eccomi» dice il Cavaliere. «Eccomi, ciao, dimmi» ripete. Sono le 23 e 15. Ora inusuale per una conversazione tra estranei. E di certo questa non lo è lo. Dura 13 minuti e 19 secondi. È quella in cui Silvio si sfoga sull’Italia «paese di merda», in cui annuncia «tra qualche mese me ne vado per i cazzi miei». In cui Lavitola fomenta le paure per l’inchiesta sulla P4.
Una conversazione che passa sui famosi cellulari panamensi che Lavitola crede sicuri e non intercettabili. Che ha fatto consegnare anche a Berlusconi. Sono arrivati a palazzo Grazioli il 5 luglio. Lui, il presidente, usa un’utenza intestata a tal Ceron Caceres. Se ne vanta Lavitola: «Io parlo così con Berlusconi, parlo così con quelli della Cia, parlo così con chiunque…». È inevitabile chiedersi perché mai, se un presidente del Consiglio non ha nulla da nascondere, se non è ricattabile, si fa mandare, o quanto meno accetta di ricevere e poi di parlare su un’utenza mascherata. Certo è una domanda alla quale il Cavaliere non potrà  non rispondere.
Così come dovrà  spiegare perché alimentava Tarantini. Perché lui e Lavitola lo consideravano una sorta di bancomat. Perché la sua segretaria storica Marinella Brambilla, una in carico anche a palazzo Chigi, aveva licenza di concordare ripetutamente con Lavitola la consegna di «foto da stampare e da passare a ritirare». Dove «foto», prova l’inchiesta, sta per soldi. L’imprenditore barese è convinto di poter ottenere quello che vuole da Berlusconi. Il 17 luglio si vanta con Lavitola: «Mi fai andare a parlare con lui perché io sono sicuro che io e lui, davanti, da soli, a me lui non mi dà  500…Io a lui gli voglio dire: presidè, io non c’ho una lira, sono disperato, sto facendo sta cazzo di operazione, nel frattempo mi vuoi mantenere come Cristo comanda, senza avere rotture di coglioni. Mi deve dire no?». Lui, Tarantini, sta facendo «un’operazione». Che riguarda Berlusconi, visto che se ne vuole vantare con lui. Una è la sua «operazione»: quella di nascondere, nell’inchiesta di Bari sulle escort, come sono andate veramente le cose. Quella di addossarsi tutta la responsabilità  di aver pagato le ragazze, di averle portate a Roma e in Sardegna, senza che il Cavaliere sapesse che erano «puttane». È Tarantini stesso a chiamarle così.
Puttane a pagamento. L’oggetto principe del ricatto. Dell’estorsione dicono i pm. Tarantini non deve cambiare versione. È stato lui a reclutare le ragazze e ad offrirle al premier. Inconsapevole. Ma ecco il nuovo dossier della Gdf sulle intercettazioni. Dice Lavitola alla moglie di Tarantini: «Io ce le ho. Gliele ho mandate, a lui gli è preso un attacco di cuore nel vero senso della parola, è stato male». Lei: «Tra qualche giorno scoppierà  la bomba a orologeria». Lui: «Io ti sto dicendo che la bomba ci aiuta solo ad accelerare sta cosa…più casino è meglio è…Siccome è una bomba, io capisco, voi siete due ragazzi, tu ti poni il problema che esce un’altra volta sui giornali, Tarantini, le puttane, il delinquente». Il «delinquente». Proprio così. Lavitola nel ricatto ci sguazza e anticipa la prossima strategia: «Quando lui si sputtanerà  io gli andrò addosso…tu non hai idea a che punto si arriverà  con sta’ storia, io lo dovrò mettere con le spalle al muro. Noi non abbiamo più niente da perdere, lui invece c’ha da perdere tutto questo, e quell’altro».


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