La Camera «salva» Milanese. Caccia ai franchi tiratori

by Sergio Segio | 23 Settembre 2011 6:30

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ROMA — Il viso di pietra di Berlusconi dice tutto, rivela perché la preoccupazione del premier prevalga sul sollievo e annuncia altri giorni di veleni incrociati. È mezzogiorno e un quarto, Gianfranco Fini legge il verdetto sul destino di Marco Milanese e il capo del governo si gira verso Ignazio La Russa, che siede alla sua destra. «Per-solo-sette-voti?», sillaba scuro in volto il Cavaliere. Sette voti e l’ex braccio destro di Tremonti è libero. Anzi, pochi istanti dopo si capirà  che i voti della salvezza sono appena sei, perché il vicesegretario del Pd Enrico Letta ha votato a favore dell’arresto, ma il suo dispositivo elettronico si è inceppato.

Si spiega così la delusione del premier, che nell’ora del pericolo scampato intravede altri rischi dietro l’angolo di Palazzo Chigi. La maggioranza tiene, è vero, la Lega ha mantenuto i patti e ha negato la custodia cautelare richiesta dalla Procura di Napoli. «Sono soddisfatto», è la posizione ufficiale del premier, a cui ancora una volta è riuscita l’impresa di ricompattare i suoi. Ma l’alleanza è sfilacciata, la caccia ai franchi tiratori è aperta. Chi ha tradito chi? Quanti sono i deputati che hanno votato con le opposizioni, magari per restituire uno sgambetto ricevuto?

Il giallo è infarcito di reciproci sospetti. Il voto a scrutinio segreto non consegna alle cronache colpevoli o innocenti. Ma la lettura dei tabulati fotografa i patemi della maggioranza, la cui unica certezza è che più d’uno, anche dagli scranni del Pdl, ha tentato di spedire in galera l’ex finanziere per colpire Tremonti o sabotare il governo. Contro l’autorizzazione all’arresto si sono espressi in 312, mentre 306 hanno detto sì. E poiché i votanti delle opposizioni sono 299 ecco che sette (almeno) hanno votato in dissenso. Ma chi punta il dito sulle cravatte arancioni di Micciché, approdate dal Pdl al Misto sotto le insegne di Forza del Sud, non tiene conto della trasversalità  del voto. Chi può dire che, da un blocco all’altro, non ci sia stato un travaso? Chi è disposto a giurare che dal terzo polo o dal Pd non siano arrivati «aiutini» per Milanese, che hanno compensato eventuali fughe di Pdl e Lega? «L’ex finanziere — malignano nel centrodestra — passava più tempo tra i banchi delle opposizioni…». Bossi assicura che «nessun leghista ha tradito», eppure nel Pdl si racconta di sms con cui deputati vicini a Maroni avrebbero risposto «picche» al diktat di «salvare Milanese». Chiedere certezze al pallottoliere è impresa ardua, ma a Montecitorio tutti si esercitano. La tesi più accreditata è che ci sia stato un flusso incrociato di voti in libertà  e che il Pdl abbia perso, tolti gli assenti, fino a 18 voti, compensati dal soccorso di Udc, Pd, Fli e Mpa. Tra i sospettati anche azzurri della prima ora, scajoliani e leghisti in sofferenza. Il capogruppo Fabrizio Cicchitto giura che i conti tornano, «compresi gli otto assenti la maggioranza è a 320 e nel Pdl non ci sono franchi tiratori». Papa è in carcere, Frattini è in missione e Tremonti è volato a Washington, scelta «vergognosa» secondo Daniela Santanché. Mancano anche Franzoso, Angeli e Cristaldi, più il leghista Montagnoli e il recordman di assenze Gaglione, di Noi Sud. «Traditori nel Pdl? Qualcuno ci sarà  pur stato — coltiva il dubbio il coordinatore Denis Verdini —. Se D’Alema ha votato con noi, Cicchitto ha votato con loro!». È una battuta, ma conferma che le carte si sono rimescolate e che potrebbe accadere ancora. «Abbiamo supertenuto — sorride ottimista Verdini —. Berlusconi vuole arrivare a 325 e ci stiamo lavorando». Con l’opposizione è scontro. «La Lega ha calato le braghe», attacca dal Pd Dario Franceschini. Antonio Di Pietro parla di «voto paramafioso» e Rosy Bindi ritiene che Milanese abbia «approfittato dell’istituto dell’immunità  per assicurarsi impunità ». Verranno altri giorni roventi. Il 28 arriva in Aula la sfiducia individuale per il ministro Saverio Romano e Berlusconi è determinato a battersi: «Ha tutta la mia stima».

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