Irisbus, la Fiat lascia fuori gli operai

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TORINO – Fiat industrial rimanda a casa i lavoratori che si presentano ai cancelli della Irisbus di Avellino. «Motivi di sicurezza», si giustificano i sorveglianti mentre all’interno della mensa dello stabilimento circa 300 dipendenti rimangono in assemblea permanente. Situazione di tensione che si risolve solo nel pomeriggio quando, a fine turno, tutti gli operai lasciano la fabbrica. Il braccio di ferro è solo rinviato di due giorni perché lunedì mattina è probabile che i 700 dipendenti si presentino nuovamente ai cancelli. Del resto, scaduta il 27 agosto la cassa per ristrutturazione, il lavoro dovrebbe continuare fino a fine mese quando, secondo i piani illustrati dalla società , la produzione di autobus dovrebbe cessare e la patata bollente della Irisbus passare nelle mani di Massimo Di Risio, grande concessionario di automobili in provincia di Isernia.
Dietro la battaglia di Avellino ci sono decenni di colpevole incuria delle amministrazioni locali e del governo centrale che non hanno mai messo in atto un piano serio per il trasporto pubblico locale. I dati li ha forniti lo stesso ministro Paolo Romani nell’incontro di due giorni fa, quello della mediazione fallita con la Fiat: «Avete ragione – ha detto ai sindacati – a lamentare la carenza di commesse in questo settore. Tant’è vero che ora rischiamo le penali europee perché abbiamo un parco circolante di mezzi pubblici che ha un’età  media quasi doppia di quella continentale, tredici anni contro sette». Parole pesanti alle quali, secondo il racconto dei sindacalisti, sarebbe seguita anche una promessa governativa per stanziare in cinque anni 650 milioni a favore del trasporto locale. Purtroppo però quei soldi al momento non ci sono. Così la Fiat annuncia che chiuderà  una fabbrica appena ristrutturata, in grado di produrre 1.000 autobus all’anno e che in realtà  non supera mai poche centinaia di pezzi. Fiat ha così deciso di cedere a Di Risio, un imprenditore che importa auto dalla Cina e che già  si è fatto avanti per rilevare lo stabilimento di Termini Imerese. Di Risio intende produrre autobus gran turismo su licenza Irisbus e un nuovo pick-up. In tutto garantirebbe il lavoro, tra quattro anni, per meno di metà  degli attuali dipendenti. «Se non si interviene con commesse pubbliche – denuncia Enzo Masini della Fiom – anche altre aziende del settore come la Menarini di Bologna, sono a rischio». Un nuovo incontro al ministero è previsto per la fine della prossima settimana.
A Torino intanto si è chiusa la riunione dei top manager Fiat. Sul tavolo, tra le altre questioni, anche il futuro produttivo di Mirafiori dopo l’annunciato ripensamento sulla opportunità  di realizzare un suv. Ieri sull’argomento è arrivato l’altolà  di Raffaele Bonanni: «Se la Fiat intende cambiare le caratteristiche dell’investimento – ha detto il segretario della Cisl – è logico che bisogna anche ridiscutere l’accordo di Mirafiori».


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