Intercettazioni, ora il premier vuole il blackout

by Sergio Segio | 27 Settembre 2011 7:23

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ROMA – È l’ultima novità . L’ennesimo diktat di Berlusconi. Il ritorno alla legge Mastella sulle intercettazioni. Se dovesse passare, sui giornali non usciranno più, addirittura fino alla sentenza d’appello, gli atti integrali contenuti nel fascicolo del pubblico ministero. «Siamo in uno stato di polizia» dice lui. Il presidente dell’Anm Palamara gli ribatte che «non è vero». Ma il premier agisce di conseguenza. Tenta un compromesso, pm sempre liberi di mettere microspie per i reati oltre i cinque anni di pena, ma ascolti blindati.
Niente telefonate pubblicate, neppure il loro contenuto, né verbali d’interrogatorio (quelli solo raccontanti per riassunto), né relazioni e accertamenti della polizia. Black out. Con una legge così, per limitarci alle cronache giudiziarie di questa fine estate, non avremmo letto una riga delle intercettazioni tra Tarantini e Lavitola, né quelle tra Lavitola e Berlusconi, tutte nell’indagine di Napoli, né quelle del 2008 tra Tarantini e il premier contenute nell’ordinanza che chiude a Bari l’indagine sulle escort. Niente «Italia paese di merda» (detto da Silvio), niente «la patonza deve girare» (ancora Silvio), niente «resta dove sei» (sempre Silvio a Lavitola).
Il Cavaliere, su input del suo avvocato Ghedini, l’aveva già  proposto all’inizio di luglio. Adesso ci riprova. Vuole tornare al testo della legge Mastella sul bavaglio alla stampa. Proprio quella votata all’unanimità , solo sette astenuti, il 17 aprile 2007. Un colpo di teatro. Che il Cavaliere ripropone come soluzione in queste ore e motiva così: «Voglio proprio vedere se quelli della sinistra smentiscono se stessi e ora mi dicono di no. Se lo fanno vorrà  dire che vogliono vedere pubblicate le mie intercettazioni sui giornali e vogliono fare con quelle la lotta politica». L’intenzione sarà  ufficializzata mercoledì quando, a Montecitorio, è previsto un vertice del Pdl per decidere come andare in aula la prossima settimana. «Pochissime modifiche e avanti in fretta» dicono i bene informati.
L’ostacolo non è certo la norma sui blog – obbligo di rettifica entro 48 ore, fino a 12mila euro di multa – che, giurano sempre le stesse fonti, «si può ben addolcire». Il punto fondamentale è bloccare l’uscita delle telefonate registrate. La norma Mastella fa proprio al caso di Berlusconi. Visto che è ben più severa di quella che sta alla Camera, il famoso ddl Alfano, frutto del compromesso di un anno fa tra Berlusconi, Fini e la Bongiorno. Lì si dà  grande spazio all’udienza-filtro, quella in cui magistrati e avvocati decidono quali intercettazioni rilevanti devono finire nel fascicolo del processo e, di conseguenza, possono essere pubblicate. Nella Mastella invece il meccanismo è rigido ed esclude qualsiasi margine per pubblicare le carte giudiziarie. Il premier e i suoi avvocati temono che l’udienza-filtro si risolva in una trappola, in cui si verifica comunque una discovery degli ascolti che possono poi trapelare sulla stampa.
Mentre la piazza già  si mobilità , giovedì 29 la prima protesta contro la legge bavaglio, alla Camera il Pdl può contare su un’altra settimana. Troppo affollato il calendario di questa, si rinvia alla prossima. In cui si passerà  subito agli emendamenti, visto che la discussione generale s’è fatta un anno fa. Lo scontro è assicurato. Sul bavaglio e sulle sanzioni, ma anche su una legge che per i magistrati limita e danneggia le indagini. Il Pdl è pronto allo scambio. Se il Pd vota la stretta alle pubblicazioni della Mastella, non ci sarà  il carcere per i giornalisti, ma solo multe da 10 a 100mila euro. Salvi gli editori. Sarà  scontro perché il Pd, a luglio, ha già  detto che la Mastella non è la base di un possibile compromesso. Enrico Costa, capogruppo Pdl in commissione Giustizia, parla di «una norma equilibrata che garantirebbe al contempo lo strumento d’indagine, ma utilizzato senza abusi né forzature, e impedirebbe le divulgazioni indebite delle trascrizioni delle telefonate». Per dirla con il suo slogan «le intercettazioni devono servire nel processo e non sui giornali per alimentare il gossip». Opinione Pdl, ovviamente.
Questo è il “bersaglio grosso”. Sull’ammazza-blog, criticata dal ministro Giorgia Meloni («Errore da modificare»), c’è già  la promessa di un emendamento del Pdl Roberto Cassinelli. Anche qui un compromesso: sanzioni ridotte, la chiosa per la rettifica «quando tecnicamente possibile», da 48 ore a dieci giorni di tempo per farla. L’opposizione – Di Pietro, Rao dell’Udc, i Pd Ferranti, Vita, Gentiloni, Serracchiani, Giulietti di Articolo 21 – preannuncia barricate («Chi ammazza i blog ammazza la libertà »). Lo scontro in aula dalla prossima settimana.

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