by Sergio Segio | 27 Settembre 2011 6:29
Sembrava che questo gioco non comportasse alcun pericolo per il potere. Eppure questa libertà nella vita privata, che i russi non si aspettavano, ha cominciato a produrre germogli inattesi. Ragionando con la propria testa, non soggetta al controllo dello Stato, la parte più attiva della società , invece di osannare il potere che le aveva concesso la libertà di spassarsela, ha cominciato ad avere idee indipendenti sui temi più disparati. È apparso subito chiaro che si trattava di un gioco rischioso per il Cremlino, ma il potere non ha saputo trovare nemmeno un’idea nazionale, nemmeno un’utopia che fosse adatta a coinvolgere la società .
Naturalmente il potere in questo caso ha preferito giocare la carta del patriottismo per indirizzare le idee dei russi nella direzione per esso più conveniente, ma invece del patriottismo è cresciuto il rovo di un aggressivo nazionalismo che ha finito per mettere in allarme lo stesso potere, che è sostanzialmente privo di un robusto scheletro ideologico. Del resto, il nazionalismo è solo la prima fase dell’autocoscienza nazionale in Russia. È ripugnante, ma fa il suo dovere – destabilizza il potere. La sua esplosione si è avuta nel dicembre 2010, quando i nazionalisti allevati e cresciuti dal potere si sono ribellati contro la sua ipocrisia sulla piazza del Maneggio, vicino al Cremlino, protestando contro l’assassinio di un tifoso di calcio originario del Caucaso.
Eppure la disperata sortita dei nazionalisti ha liberato dall’interno le forze del campo opposto, che erano rimaste fino ad allora sopite. Sulla superficie della vita russa sono affiorate nuove bollicine di democrazia dai colori affascinanti. La gente è stanca soprattutto di esser presa per idiota dal potere, che crede di poterle rifilare qualunque cosa, dalle affermazioni sulla libertà delle elezioni fino ai notiziari TV che ricordano la demagogia sovietica.
Le nuove bollicine di democrazia in Russia sono nate dagli attentati del potere al buon senso. È questo ciò che le accomuna. Il movimento dei “secchielli blu” a prima vista può sembrare semplicemente un movimento di automobilisti indignati per la prepotenza dei funzionari che sfrecciano al centro della carreggiata nelle loro limousine con il lampeggiante blu sul tetto. In realtà si tratta di una coraggiosa sfida a tutta la burocrazia satolla. Lo stesso vale per i guerrieri capeggiati da Evgenija Chirikova che difendono il bosco di Khimki nei pressi di Mosca, condannato all’abbattimento per costruire la nuova autostrada Mosca – San Pietroburgo. Un altro esempio di un’autorità dalla crescita spontanea è quello del blogger Aleksej Navalnyj, che ha scoperchiato il tema scottante della corruzione e del comportamento ambiguo che il potere tiene nel contrastarla.
Questi movimenti parrebbero agire con l’ingenuo pretesto della lotta contro un male concreto; ma nello scontro essi mettono a nudo il male in ogni cellula dell’organismo statale e si trasformano in generalizzazioni politiche. Lo stato per disfarsi di questi movimenti deve modificare la propria natura. Deve rinunciare alle sue pretese di democraticità e passare all’aperta intimidazione, deve pestare i piedi di continuo e ringhiare come una belva. Ma è già talmente indebolito dall’avidità e dalle menzogne dei suoi dignitari che non può rispondere a tono a un’opposizione spontanea. Il potere sa come affrontare l’opposizione estranea al sistema, con i suoi meeting – per quello c’è il manganello della polizia. Ma non ha ancora imparato a lottare contro gli amanti dei funghi e dei frutti di bosco, contro i blogger dall’indole romantica e contro tutti coloro la cui indignazione si diffonde nell’aria.
Il potere sta perdendo il suo monopolio non sulla piazza politica, ma nelle teste di molti cittadini russi. Le opinioni della gente spesso sono polarmente opposte, e il nazionalismo resta il movimento più affermato, ma il brusio della protesta si fa sentire in tutto in paese. Il risultato di tutto ciò è che la scelta di Putin di ricandidarsi al Cremlino è solo una scelta interna al circolo del potere e non porrà certo fine alle discussioni. Il Paese ha bisogno o di un nuovo Stalin che soffochi nel sangue ogni genere di idee, oppure della trasformazione di queste nuove bollicine politiche in una società civile a responsabilità illimitata verso le sorti della Russia. Ma per il momento non ci sono né Stalin, né una società civile. Pertanto, aspettando il domani, accogliamo con gioia ogni sorta di nuove bollicine.
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