Il tonfo «in casa» della Merkel

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BERLINO — Vincono bene i socialdemocratici. Perde ancora la Cdu di Angela Merkel, che cala di cinque punti scendendo al 23,3%, il peggior risultato di sempre. Più di quanto avevano previsto i sondaggi, le elezioni nel Meclemburgo-Pomerania anteriore, il Land più povero della Germania, sono state un nuovo segnale delle grandi difficoltà  che sta vivendo il governo tedesco. Il partito liberale, partner dei cristiano-democratici nella coalizione nero-gialla che guida la Germania, viene spazzato via dal Parlamento regionale di Schwerin confermando una crisi di uomini e di consensi che è uno dei dati più significativi della situazione politica. La Linke (18,3% contro il 16,8% di cinque anni fa) resiste alle polemiche e alle lotte interne riproponendo il suo forte radicamento popolare nell’est, i Verdi sono molto soddisfatti per il loro 8,2%, i neonazisti della Npd calano ma dovrebbero riuscire a superare, come già  avvenne nel 2006, lo sbarramento elettorale del 5 per cento. Un fenomeno non nuovo, quello dell’estrema destra in questa regione, ma sempre allarmante.
Per i paradossi della politica, il compito di diagnosticare lo stato di pessima salute del governo Merkel è toccato questa volta a una regione semidimenticata, che vive ormai solo di turismo e agricoltura, più grande dell’Assia ma con un terzo dei suoi abitanti, dove la gente è fuggita negli ultimi anni in cerca di lavoro e dove la disoccupazione sfiora il 12 per cento.
Ma nel Meclemburgo-Pomerania Anteriore c’è pur sempre il collegio elettorale della cancelliera e i partiti parlano la stessa lingua che parlano a Berlino. Ne è la prova la batosta della Fdp (oltre due terzi dei voti in meno, il 2,8%) che paga lo stato confusionale in cui versa da mesi e che la semi-defenestrazione del ministro degli Esteri Guido Westerwelle non è riuscita a risolvere.
L’avanzata della Spd, che passa dal 30 al 36,1 per cento, ha comunque un volto preciso, quello del ministro-presidente Erwin Sellering, un uomo dell’Ovest che ha trovato popolarità  ad Est. Giurista, nato in Vestfalia ma trasferitosi sul Baltico, Sellering ha diretto con mano sicura un Land difficile e ha potuto festeggiare con orgoglio, levando i pugni al cielo, la camicia bianca e la cravatta rossa, un successo che porta sicuramente la sua firma. Per un altro paradosso della politica gli elettori lo hanno votato però senza sapere quale sarà  la sua scelta per le future alleanze. Si è tenuto, insomma, le mani libere: non ha voluto dire se avrebbe riproposto la grande coalizione con i cristiano-democratici che ha guidato fino a oggi o avrebbe piuttosto riportato al governo i post-comunisti della Linke. «Farò un’alleanza con chi mi permetterà  di realizzare un programma socialdemocratico», sono state le parole pronunciate spesso in campagna elettorale. Del resto il suo predecessore, Harald Ringstorff, era stato l’uomo che aveva «rotto il tabù» governando otto anni con i post-comunisti della Pds. Una formula, quella della coalizione rossa-rossa, che resiste nel Brandeburgo e a Berlino. E nella capitale si vota tra due settimane: la prevedibile affermazione di un altro esponente socialdemocratico, il sindaco Klaus Wowereit, e un nuovo insuccesso della Cdu potrebbero avere conseguenze importanti sia sull’agonia del governo che sul futuro del partito di Brandt e Schmidt.


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