Il tonfo dei mercati, Milano perde il 5%

by Sergio Segio | 10 Settembre 2011 6:36

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MILANO — L’uscita improvvisa di Jurgen Stark, capo economista e membro del comitato esecutivo della Bce, è il segnale peggiore sui mercati europei, per i timori sulla continuità  nel sostegno al debito di Spagna e Italia. La reazione è stata pesante sia sui listini, sia sullo spread fra i Btp italiani e i Bund tedeschi, schizzati fino a 371 punti base dai 350 di inizio giornata e poi rientrati a 365, sia per l’euro, sceso a 1,37 sul dollaro ai minimi da sei mesi e mezzo.
Piazza Affari, la peggiore in Europa, ha perso il 4,93% trascinata dalle banche: Unicredit e Intesa Sanpaolo hanno perso oltre l’8%, Mediolanum il 7,16%, Mps il 6,14%, Ubi il 6,06%. Ma le banche hanno sofferto in tutta Europa per le loro esposizioni ai bond statali: in Francia sono affondate Bnp Paribas (-7,54%), Crédit Agricole (-7,77%) e Société Générale (-10,58%), in Germania Commerzbank (-8,69%) e Deutsche Bank (-7,25%). A pesare è stato anche un report di Goldman Sachs secondo cui 38 banche europee potrebbero dover raccogliere fra 30 e 92 miliardi di nuovi capitale in relazione a un’eventuale svalutazione del valore nominale dei bond di Grecia, Spagna e Italia. In perdita hanno chiuso così anche Francoforte (-4,04%), Parigi (-3,6%), Madrid (-4,4), Londra (-2,35%) e in serata anche New York (- 2,69%).
A dare un quadro negativo sull’Italia è intervenuto anche il dato sul Pil del secondo trimestre. Confermando i dati preliminari, l’Istat ha calcolato un risicato +0,3% di crescita rispetto al primo trimestre, che si era attestato a +0,1%. Su base annua invece confermata la frenata: a confronto con lo stesso periodo del 2010 il Pil rallenta allo 0,8% dall’1%. E non va meglio per il 2011: la crescita acquisita finora sull’intero anno è dello 0,7%, lontano dagli obbiettivi (+1,1%) fissati dal governo. Hanno pesato il rallentamento nei consumi per famiglie (+0,1%) e gli investimenti (zero), nonché il calo nelle scorte nonostante una domanda che non tira. A trainare è ancora una volta l’export (+0,9%), che tuttavia risente del tonfo subito dalle importazioni (-2,3%). in confronto all’eurozona, l’Italia fa leggermente meglio su base congiunturale (+0,3% contro +0,2%), ma la crescita è nettamente più lenta in termini tendenziali (+0,8% contro +1,6%).

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