Il Tesoro paga caro

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 Le borse europee hanno tirato il fiato, ma non è stata una giornata tranquilla. Al contrario, le quotazioni e gli indici sono stati per quasi tutta la giornata sulle montagne russe. Prendiamo Milano: Piazzaffari in apertura era brillantissima e dopo pochi minuti guadagnava il 2%. Ma è durata poco, in appena una ventina di minuti l’indice Mib delle 40 maggiori società  andava in rosso di quasi il 2%. Poi una lenta risalita e l’indice Mib chiudeva in rimonta del 2,19%, il maggiore incremento tra quelli registrati dalle principali borse europee. Il sali-scendi delle quotazioni trova origine nell’emotività  degli operatori, nel nervisismo che provoca reazioni incontrollate al diffondersi di ogni piccola notizia. Insomma, un compra/vendi assurdo che tiene conto solo parzialmente dei fondamentali delle società  quotate e molto, invece, dalle voci.

Come quella come quella relativa a un’iniziativa congiunta franco-tedesca a favore della Grecia. Iniziativa smentita dall’Eliseo. Poi, però, è stato confermato che oggi ci sarà  una teleconferenza a tre Sarkozy-Merkel-Papandreou. La Grecia rimane la prima preoccupazione per la stabilità  dell’area dell’euro. «La priorità  assoluta è evitare un default incontrollato perché questo non colpirebbe solo la Grecia e il rischio che possa impattare tutti noi, o almeno gran parte dei paesi dell’eurozona, è molto elevato», ha dichiarato Angela Merkel in un’intervista al canale Inforadio. La cancelliera tedesca ha assicurato di star «lavorando con tutti gli strumenti a disposizione per evitare che questo succeda». La Merkel, che con le sue parole ha contribuito a ridare fiducia ai mercati (lo si è visto dalla risalita degli indici nelle borse) non ha voluto, però, commentare le parole del proprio ministro dell’economia Philip Rosler, che lunedì aveva aperto alla possibilità  di un default della Grecia. «Credo che renderemmo un grande servizio alla Grecia – ha detto la Merkel – se facessimo congetture il meno possibile e incoraggiassimo piuttosto la Grecia a rispettare i suoi impegni». In sintesi la Merkel ha escluso una fuoriuscita della Grecia dall’eurozona, affermando: «ho espresso chiaramente la mia posizione: deve essere fatto ogni sforzo possibile per mantenere l’unità  politica dell’eurozona».
A spingere in sù le borse all’apertura delle contrattazioni aveva contribuito la notizia che lunedì si era tenuto un incontro tra il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, e una delegazione cinese per analizzare l’eventuale acquisto di titoli di stato italiani da parte di Pechino. Notizia parzialmente falsa: l’incontro in effetti c’è stato ma i cinesi ma il tema erano gli investimenti di Pechino in Italia e la possibilità  prendere parte all’ondata di privatizzazioni delle poche società  ancora pubbliche, Enel e Eni in testa. Poi, invece, sono arrivate notizie decisamente negative a deprimere i mercati. A metà  mattina, a Parigi sono crollate le BnpParibas sulla voce, riferita dal Wall Street Journal, ma smentita dall’istituto, che la banca francese avesse trovato difficoltà  a finanziarsi in dollari.
L’altra pessima notizia è arrivata dall’Italia: l’asta dei Bpt è andata piuttosto male. Per i quinquennali la domanda è stata in caduta e in rendimenti sono schizzato al 5,6%, ai massimi dal 1997, ovvero da prima della nascita dell’euro. A titolo di confronto, basti dire che i Btp con la stessa scadenza in Germania pagano meno dell’1% di interessi. A questo punto la reazione è stata violenta: lo spread tra Btp decennali e Bund tedeschi è volato sopra i 400 punti base, fino al nuovo massimo di 406 punti (il 4,06%) per poi ridiscendere a 380 punti, ma risalire sul finale a 392 punti base).
Solo nel pomeriggio la borsa ha preso a recuperare sull’onda dell’apertura positiva delle borse Usa, in particolare il Nasdaq. Una mano alla risalita l’ha data la notizia che i paesi Bric (Brasile, Russia, India, Cina) discuteranno la settimana prossima la possibilità  di offrire aiuti all’Unione europea. Insomma, il mondo va alla rovescia e l’arrivo di quelli che un tempo erano tra i paesi più sfruttati ha incoraggiato gli ordini di acquisto e ridato un po’ di fiducia. A beneficiarne sono state soprattutto le azioni delle banche e in particolare quelle della Banca Popolare di Milano volate dell’8,3% anche perché si dice che il fondo «Sator» controllato da Matteo Arpe (ex numero uno di Capitalia, fatto fuori dalla banca romana per dissensi con Cesare Geronzi) sarebbe sul punto di entrare nel capitale della popolare milanese. Il tutto con la benedizione dei sindacati bancari (e sembra di Bankitalia) che si sono detti favorevoli all’ipotesi di ingresso nell’azionariato e nel Cda della banca di Arpe.


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