by Sergio Segio | 3 Settembre 2011 7:18
LAMEZIA TERME.Le disuguaglianze di reddito e di ricchezza hanno raggiunto livelli particolarmente elevati nei paesi occidentali e in Italia. La loro riduzione deve, dunque, diventare un elemento centrale degli obiettivi di progresso sociale. Qui da noi si è imposta da tempo una sperequazione tra nord e sud che presenta livelli drammatici. Un fossato che gonfia di molto i dati sull’economia nazionale, dopati dalla crisi che attanaglia il meridione. Quale modello di sviluppo per risalire la china, per segnare il riscatto delle popolazioni meridionali di fronte all’aggravamento della crisi economica? Nel Chiostro di Palazzo Nicotera, in piazzetta San Domenico a Lamezia se ne è discusso in uno dei 9 panel del controforum di Sbilanciamoci, coordinato da Filippo Sestito dell’Arci e dalla presidente del Wwf Beatrice Barillaro. «Prendiamo atto una volta per tutte che la crescita è finita – spiega Tonino Perna – e che occorre sperimentare nuovi modelli di produzione. È lungo questo crinale che il meridione può e deve muoversi, senza inutili lamentele e finti assistenzialismi come ad esempio i mille miliardi dei fondi Fas. Occorre, invece, innovare, battere altre strade, sperimentare e il sud ha le potenzialità per farlo. Su tre paradigmi netti e chiari: agroalimentare (Gruppi d’acquisto solidale, commercio equo), monetario (nuove monete) ed energetiche (fonti rinnovabili, energie alternative). Il futuro al sud è declinabile con una sola parola, altraeconomia». Le divisioni nord/sud sono evidenti e le contraddizioni del mezzogiorno sono apparentemente imperiture. Basta farsi un giro per Lamezia per rendersene conto, «ma il paese non si rompe sul versante prettamente economico – sottolinea Mimmo Cersosimo- ma su quello civile. Solo paesi che hanno buoni livelli di civiltà hanno un grande livello di sviluppo come scriveva il compianto Paolo Sylos Labini. I diritti civili, quelli di cittadinanza, i diritti sociali sono i veri anticorpi all’economia stagnante e a quella criminale che nel sud imperversa. E il nord trae vantaggi non tanto dal divario economico quanto piuttosto dal divario civile, dagli indici di progresso civile che al settentrione sono spaventosamente più alti che al mezzogiorno. Bisogna abbandonare un’analisi meramente economicista». Ma la sinistra cosa fa per dare slancio e speranza al sud dove il berlusconismo morente conserva ancora alcune roccaforti (il caso Calabria docet)? è il dilemma che solleva Alfonso Gianni. «La rinascita del sud deve prendere come esempio quella dei paesi del Magreb e del Mashreq. E la sinistra deve dare spazio al protagonismo delle masse. Come anche la Cgil il cui sciopero generale deve avere come occhio di riguardo la questione meridionale. Perché la crisi è globale (tranne la Polonia tutti ne sono attraversati compreso il gigante tedesco, altro che l’idraulico polacco di qualche anno fa) e le ricette per uscirne devono essere globali. Solo una modifica radicale dei parametri di Maastricht può permettere una ripresa. L’abbandono della moneta unica e l’uscita dall’Ue non mi convincono. Il vero guaio è la questione del debito e bisogna avviare una campagna per il debito sostenibile».
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