Il salvagente dei Paesi Brics: pronti ad aiutare l’Europa

by Sergio Segio | 14 Settembre 2011 7:19

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BRUXELLES — Francia e Germania si consultano oggi al capezzale della Grecia. Appuntamento in teleconferenza: Angela Merkel, Nicolas Sarkozy, George Papandreou, il premier greco. Lo Stato più fragile, a rischio di fallimento e divorato dalla febbre del debito, di fronte a quelli considerati in tutto o in parte i motori dell’Eurozona: un colloquio d’emergenza che da solo indica la gravità  della situazione. E anche la sua incertezza, forse le sue contraddizioni: nel giro di 12 ore, la cancelliera Merkel ha detto ieri che è «una priorità  assoluta evitare il default incontrollato, l’insolvenza della Grecia», e che bisogna «soppesare con attenzione le parole per non agitare i mercati finanziari», mentre il ministro delle Finanze Wolfgang Schà¤uble avvertiva che bisogna ormai prepararsi a qualsiasi evenienza. Il ministro dell’Economia Philipp Rà¶sler si augurava invece un «default controllato» e auspicava una «discussione sincera» sul tema: «Sempre più persone si domandano come si andrà  avanti in Europa e giustamente vogliono risposte sincere su come verrà  gestita la situazione con gli Stati che non realizzeranno le riforme promesse».
Cioè appunto con la Grecia, in primo luogo. Ma in futuro, fors’anche con altri: la Commissione europea ha precisato ieri che non vengono richieste manovre aggiuntive all’Italia o ad altri Paesi, ma questo potrà  accadere comunque se le entrate attese dal fisco risulteranno inferiori a quelle previste. Le parole della Merkel hanno calmato un po’ i mercati, e l’euro ha pure recuperato qualche millimetro sul dollaro dopo lunghe scivolate (quota 1,36), ma è sempre l’ombra del Partenone indebitato che domina sull’Eurozona. Dal consulto di oggi Merkel-Sarkozy-Papandreou non dovrebbe uscire alcun annuncio clamoroso, così è stato preannunciato. Ma lo stesso colloquio è anche una preparazione dell’Ecofin informale, il vertice dei ministri finanziari europei che si riunisce venerdì: le occasioni e i luoghi per decidere si moltiplicano, a mano a mano che la situazione sembra appesantirsi. Sempre con un solo tema sulla sua agenda, ieri il presidente stabile della Ue Herman Van Rompuy è volato a Parigi per incontrarvi Nicolas Sarkozy. E José Manuel Barroso, presidente della Commissione europea, dopo aver incontrato Silvio Berlusconi a Strasburgo ha ricordato che è necessario assicurare «i giusti metodi e strumenti per un coordinamento rafforzato dei bilanci e per una disciplina comune fra i Paesi che condividono l’euro». Il resto del mondo sta a guardare, ma non certo distrattamente: la settimana prossima, a Washington, i Paesi «Brics» (sigla che raccoglie le iniziali di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) discuteranno la possibilità  di sostenere insieme i bond dell’Eurozona, incontrandosi prima delle riunioni autunnali della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale. Non è tutto altruismo: gli Stati Uniti, accomunati all’Europa dalla crisi del debito, o la Cina, che ha già  i forzieri strapieni di titoli europei, o il Brasile, che trova oltre l’Atlantico un grande sbocco alle sue esportazioni, guardano forse al Partenone con la stessa preoccupazione (o quasi) di Angela Merkel. Che però ha un problema in più: da settimane, migliaia di email e lettere arrivano ai deputati tedeschi dai loro elettori; chiedono una sola cosa, che la Ue non si tramuti in un mutuo soccorso al servizio degli Stati più indebitati, o pasticcioni.

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