Il premier a Lavitola: non tornare in Italia

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NAPOLI — Quando, il 24 agosto scorso, Valter Lavitola seppe dalle anticipazioni del settimanale Panorama di essere indagato per estorsione ai danni di Silvio Berlusconi, la prima cosa che fece fu telefonare proprio a Berlusconi. Gli chiese suggerimenti su come regolarsi. Era all’estero, Lavitola, in Bulgaria, ma si domandava se fosse il caso di rientrare per presentarsi in Procura. Il capo del governo glielo sconsigliò: «Resta dove sei». Otto giorni dopo contro Lavitola il gip del tribunale di Napoli emise un’ordinanza di custodia cautelare, ma quando i poliziotti della Digos si presentarono al suo domicilio per notificargliela, non lo trovarono: era all’estero, tra l’altro nemmeno più in Bulgaria ma molto più lontano, in Brasile o a Panama. Ed è ancora latitante.
Della telefonata tra il direttore dell’Avanti e il presidente del Consiglio riferisce l’Espresso nel numero in edicola oggi. Fu intercettata perché le indagini della Procura di Napoli sull’estorsione che il premier avrebbe subito oltre che da Lavitola anche dall’imprenditore barese Gianpaolo Tarantini e da sua moglie Angela Devenuto — pagando per evitare rivelazioni che lo avrebbero messo in imbarazzo — erano ancora in pieno svolgimento, come lo sono tuttora. Sarebbero andate avanti in segreto se non ci fosse stata la rivelazione di Panorama, che tra l’altro riportava anche una dichiarazione di Berlusconi in cui il premier respingeva l’ipotesi del ricatto sostenendo invece di aver solo «aiutato», con un contributo che poi si è saputo essere stato di oltre ottocentomila euro in un anno, Tarantini e la sua famiglia perché «si è trovata e si trova in gravissime difficoltà  economiche».
Quando Lavitola cominciò a cercare di contattare il premier (fece numerosi tentativi con la segretaria Marinella Brambilla prima di riuscire a parlargli) le agenzie avevano appena diffuso un’ampia anticipazione di quanto avrebbe riportato l’indomani il settimanale della Mondadori (quindi di Berlusconi). Nei lanci si parlava di «richieste avanzate dagli inquirenti», in quel momento «all’attenzione del gip Amelia Primavera» che poi ha emesso le ordinanze di custodia cautelare. E si riferiva anche dell’intercettazione di una conversazione tra Lavitola e Berlusconi risalente al mese di luglio. Quindi nella telefonata del 24 agosto entrambi gli interlocutori sapevano di poter essere ascoltati, dal momento che avevano appena letto di esserlo stati in precedenza. Ora il deputato pdl Nicolò Ghedini, avvocato e consigliere giuridico del premier, dice: «La notizia che il presidente Berlusconi avrebbe detto a Lavitola di non tornare è del tutto assurda e infondata», e la sua è l’unica smentita su quanto riportato dall’Espresso. Altre non ce ne sono. Abbondano invece le polemiche politiche. I colonnelli del Pdl attaccano. Cicchitto parla di «forme inusitate di spionaggio» ai danni del premier. Gasparri di «manovra diffamatoria». Più soft Paniz, secondo il quale «Berlusconi ha solo confortato Lavitola».
Dall’opposizione esplicite e ripetute le richieste di dimissioni: il Pd sollecita a Berlusconi «una immediata e personale smentita, altrimenti, se l’intercettazione fosse vera, chieda scusa e si faccia da parte». E D’Alema aggiunge: «Questo è l’ennesimo motivo per le dimissioni di Berlusconi». Da Fli, il vicepresidente Italo Bocchino sostiene che il direttore dell’Avanti «ha fatto affari sporchi per conto di Berlusconi, e forse se fosse stato arrestato avrebbe potuto raccontarli». E in quanto a toni duri non è da meno l’Italia dei Valori, che attraverso il portavoce Leoluca Orlando accusa il presidente del Consiglio di avere «incoraggiato la latitanza» di Lavitola «per proteggere se stesso». E allora riecco Ghedini che nega ancora: «A quella data (il 24 agosto, ndr) non vi era alcun provvedimento nei confronti di Lavitola, che è stato emesso a distanza di quasi una settimana».


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