IL NOSTRO BAVAGLIO

by Sergio Segio | 28 Settembre 2011 6:50

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Nel disperato tentativo di prolungare l’agonia del tramonto, è questa l’ultima carta che il berlusconismo gioca per reggere l’onda d’urto che farà  ballare piazze e palazzi sotto i colpi delle draconiane misure di austerità  chiamate «decreto sviluppo». Controllare, deformare, manipolare l’informazione è fondamentale per comunicare una realtà  fittizia capace di attenuare l’effetto-Grecia che incombe. Diventa cruciale raccontare l’ultima favola all’opinione pubblica e agli elettori, tanto più se chiamati alle urne in tempi brevi.
La cancellazione dai palinsesti della Rai dei programmi di punta dell’antiberlusconismo, mai riuscita negli anni delle vacche grasse, può considerarsi missione compiuta oggi quando la popolarità  del leader è ai minimi storici. La legge sulle intercettazioni (con particolare accanimento contro il web: macchina formidabile nella diffusione della critica al potere) è attivata e procede a marce forzate in parlamento. La chiusura di 100 testate (giornali in cooperativa, di partito, di ogni colore politico, compresi persino i fogli diocesani) è all’ordine del giorno, inevitabile con il taglio dei fondi all’editoria in agguato con la prossima legge di stabilità .
Come i nostri lettori e sostenitori sanno, per noi è questione di vita o di morte, come scriviamo da quando, era il 2008, è cominciata la manovra di strangolamento dell’editoria no-profit della coppia Tremonti-Berlusconi, divisa su tutto, in totale sintonia su questo punto. Finora siamo riusciti a sopravvivere grazie al sostegno di quell’editore collettivo rappresentato dalle generazioni che hanno letto e leggono un quotidiano nazionale in cui ritrovano storia e ideali della sinistra italiana. Ma il finanziamento pubblico trasparente, se non hai un editore o un partito o un Lavitola alle spalle, è indispensabile per reggere i costi di carta e stampa. La pubblicità  è solo cosa loro (della tv e di Mediaset innanzitutto) e per i giornali restano le briciole. Nel paese piagato da un mortificante analfabetismo, chiudere 100 testate significa togliere ogni giorno dalle edicole 400 mila copie e aumentare l’esercito dei senza lavoro di quattro mila persone (i costi degli ammortizzatori sociali ammonteranno al doppio del budget attualmente stanziato per l’editoria ).
In fondo la richiesta-appello lanciata da Michele Santoro (sottoscrivere dieci euro per una tv di servizio pubblico), è animata dallo stesso bisogno e impegno che ha fatto nascere e vivere il manifesto negli ultimi quarant’anni.

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