Il memoriale alla Procura di Napoli «Tarantini un caso di disperazione»

by Sergio Segio | 16 Settembre 2011 6:34

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NAPOLI — Stampate su carta intestata (personale, non della presidenza del Consiglio) e introdotte da una lunga dissertazione tecnico-giuridica dell’avvocato-deputato Niccolò Ghedini, le parole di Silvio Berlusconi assumono forma di memoriale, ma in realtà  non si discostano granché da quelle che il premier ha già  usato a proposito dell’inchiesta della Procura di Napoli in cui lui risulta parte lesa dall’estorsione che gli avrebbero fatto (spillandogli 800.000 euro in un anno) Gianpaolo Tarantini, la moglie Angela Devenuto e il faccendiere Valter Lavitola. Nel documento consegnato tre giorni fa al procuratore aggiunto Francesco Greco, e ora allegato agli atti depositati al Riesame dai pubblici ministeri Piscitelli, Curcio e Woodcock, l’«io naturalmente scagionerò tutti» proclamato da Berlusconi il 24 agosto scorso durante la telefonata con Lavitola, si sviluppa in un ragionamento diviso in cinque capitoletti che occupa poco più di quattro cartelle.
«Ho conosciuto il signor Tarantini e sua moglie alcuni anni orsono. Mi è stato presentato come un imprenditore di successo e da più parti ho avuto su di lui positive indicazioni». Poi: «Conosco Lavitola da parecchi anni in particolare per la sua attività  di giornalista e di direttore di giornale (l’Avanti, ndr)». Non sapeva che i due si conoscessero. Dice che lo scoprì «conversando casualmente con il Lavitola».
Ammette di essersi adoperato affinché Tarantini avesse un buon avvocato: «Mi scrisse che non era soddisfatto dell’operato del suo difensore avvocato D’Ascola. Gli segnalai (…) alcuni nomi tra cui quello dell’avv. Perroni (in passato legale del premier, ndr) che a seguito di una mia telefonata si dichiarò disponibile a difenderlo».
Questione di soldi: «Tarantini e la moglie mi fecero pervenire più volte lettere in cui mi presentavano la gravità  della loro situazione (…) Mi si rappresentò una situazione personale e familiare difficilissima, con anche il rischio che il Tarantini mettesse in atto episodi di autolesionismo (…) Insistettero anche tramite Lavitola per un aiuto economico(…) Feci avere al Tarantini e alla moglie del denaro. O consegnandolo direttamente al Lavitola o facendoglielo consegnare, in alcune rare occasioni, dalla mia segreteria. Si trattava di somme che variavano tra i 5.000 e i 10.000 euro».
Quindi un passaggio in funzione della competenza territoriale: «Tali dazioni sono sempre avvenute in Roma presso la mia abitazione» dove «ho una cassaforte» in cui «tengo sempre disponibile una somma in contanti». E uno a scanso di eventuali sospetti di violazione delle leggi antiriciclaggio: i 500.000 euro di «finanziamento iniziale» per una non meglio specificata «nuova attività  imprenditoriale di Tarantini» che «Lavitola mi disse (…) avrebbe preferito ricevere da me in contanti», Berlusconi sostiene di avergliela consegnata «in molteplici tranches (…) personalmente, sempre in Roma». E quando Ghedini e Perroni disapprovarono «io ribadii che si trattava di una somma per me contenuta che destinavo volentieri a una persona in difficoltà  che manifestava l’intenzione di volersi riscattare».

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