Il gregge tedesco sia più «umile» e fedele a Roma
Per Ratzinger sono troppo succubi del «relativismo», troppo «conformi ai criteri del mondo», troppo tiepidi e «prigionieri della routine», troppo affezionati al benessere materiale. Tra le righe la sua critica era rivolta anche all’episcopato tedesco, in maggioranza su posizioni riformiste, e economicamente indipendente da Roma. Sono anzi i vescovi tedeschi, grazie ai proventi della Kirchensteuer, la tassa ecclesiastica riscossa dallo stato, a versare un ricco obolo nelle casse vaticane.
Nel suo appello alla «smondanizzazione» (Entweltlichung in tedesco), ovvero a un risveglio di spiritualismo e a «restare fedelmente legati ai successori di Pietro e degli apostoli», Benedetto XVI, nel suo incontro con «i cattolici impegnati nella chiesa e nella società », si è lasciato andare a una tirata contro i privilegi e la ricchezza materiale della chiesa, che deve aver fatto sobbalzare i «confratelli nell’episcopato» tedeschi, per non parlare di quelli italiani: «La chiesa, liberata dai suoi oneri materiali e politici, può rivolgersi a tutto il mondo meglio e in modo più autenticamente cristiano».
Un brivido è corso per le agenzie di stampa. Il papa voleva forse rinunciare in Germania alla Kirchensteuer, all’insegnamento della religione nelle scuole, alle facoltà statali di teologia confessionale, agli stipendi per i vescovi, ai cappellani militari, ai lauti contributi dei Là¤nder per le sue scuole, ai suoi rappresentanti nei consigli di gestione delle reti televisive pubbliche? Robert Zollitsch, presidente della conferenza episcopale, ha smentito il sospetto che un Francesco d’Assisi redivivo si fosse intrufolato tra i redattori dei discorsi papali: Benedetto XVI non si riferiva ai concreti privilegi statali per le chiese cattolica e evangelica in Germania, ma voleva «esortarci alla conversione interiore».
Ratzinger crede che la chiesa abbia già pagato, in un lontano passato, il suo tributo alla virtù della povertà . Parlava delle secolarizzazioni napoleoniche e della fine del regno pontificio in Italia: «Le secolarizzazioni – sia l’esproprio dei beni ecclesiastici, sia l’abolizione di privilegi, comportarono infatti ogni volta (si noti il verbo al passato) una profonda smondanizzazione della chiesa, che così si spogliava della sua ricchezza terrena e tornava ad abbracciare totalmente la sua povertà terrena. Così la chiesa condivise il destino della tribù di Levi, che era la sola tribù in Israele a non possedere un patrimonio terreno, ma, aveva preso in sorte esclusivamente Dio stesso, la sua parola e i suoi segni».
Il cardinale Angelo Bagnasco si tranquilizzi: il papa pensa che ci sia ancora qualcosa a cui dover rinunciare. Avendo perduto, e non certo volontariamente, il potere temporale, la chiesa avrebbe già «totalmente abbracciato la povertà ». Nel suo pessimismo vittimistico, Ratzinger non si sente nemmeno più «privilegiato», ma minoranza, che la cultura imperante del positivismo vorrebbe addirittura «ridurre a subcultura» (così si è lamentato al Bundestag). Ma cosa sono, se non privilegi mondani, gli onori militari resigli in Germania all’inizio di una visita costata 30 milioni di euro, o l’aereo governativo messogli (gratuitamente) a disposizione per i suoi spostamenti?
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