by Sergio Segio | 21 Settembre 2011 6:27
LONDRA. È scoppiata, di nuovo, la Guerra Fredda. Stavolta non ci sono in campo missili atomici, bensì solo scienziati che combattono attorno a pezzi di carta. Ma il conflitto produce ugualmente un gelido confronto. Non potrebbe essere altrimenti, visto che si svolge ai confini del circolo polare artico.
L’oggetto del contendere è la Groenlandia, una nazione (o meglio un protettorato danese – ma forse in procinto di diventare presto un paese indipendente) composta quasi interamente di ghiaccio. E proprio questa è la ragione del conflitto: il ghiaccio. Pareva trattarsi di una clamorosa “ritirata” di ghiaccio. Invece a battere in ritirata è l’atlante più prestigioso del mondo, il Times Atlas of the World, “padre” di tutti gli atlanti, da un secolo punto di riferimento numero uno degli appassionati di geografia di tutto il pianeta: costretto ad ammettere di avere sbagliato.
Partiamo dall’inizio. Una nuova edizione dell’atlante (ne esce una rinnovata all’incirca ogni decennio), presenta una Groenlandia più piccola di com’era nella precedente versione del libro, pubblicata nel 1999. Considerevolmente più piccola, in effetti: la sua massa di ghiacci si sarebbe ristretta del 15 per cento. E va bene che questa isola piantata nel grande Nord della terra, quasi appiccicata al continente americano, è essa stessa grande quasi come un continente, due milioni e 200mila chilometri quadrati, circa metà dell’Unione Europea, per avere un termine di paragone; ma il restringimento equivale alla perdita di un territorio grande, per fare un altro paragone, come Gran Bretagna e Irlanda messe insieme. Come mai la Groenlandia si è rimpicciolita così tanto? L’Atlante del Times non lesina la risposta: a causa di un «allarmante e accelerato» cambiamento climatico, che ha aumentato notevolmente il ritmo dello scioglimento dei ghiacci negli ultimi dodici anni, cioè dalla mappa dell’edizione precedente. Sennonché la pubblicazione della nuova edizione ha suscitato immediate critiche da un gruppo di autorevoli studiosi: sette ricercatori dello Scott Polar Research Institute della Cambridge University, secondo i quali «è indubbio che il cambiamento climatico è in atto e che numerosi ghiacciai si sono ritirati nel corso dell’ultimo decennio, ma in nessun caso si può parlare di un restringimento della Groenlandia simile a quello descritto su questa nuova mappa». In una lettera all’editore dell’Atlante, gli scienziati in questione indicano che al massimo si è rimpicciolita dello 0,1 per cento – niente a che vedere con il 15 per cento annunciato. Sui giornali di ieri è dapprima giunta la risposta dei responsabili dell’Atlante, che difendono le proprie cifre. «Siamo il meglio che esiste in campo geografici e siamo assolutamente fiduciosi dell’esattezza dei nostri rilevamenti», ha affermato un portavoce della Times Atlas. “Abbiamo usato dati cartografici forniti dallo Us Snow and Ice Data Centre di Boulder, Colorado, che utilizzano sofisticate tecnologie radar per misurare la permanenza del ghiaccio. Abbiamo confrontato l’estensione della superficie ghiacciata della Groenlandia nel 1999 con quella del 2011. Possono sempre esserci dei margini di generalizzazione, ma la nostra cartina è categoricamente giusta».
Poi però proprio lo Snow and Ice Data Centre ha unito la sua voce alle proteste dei ricercatori britannici, smentendo l’atlante. Ieri pomeriggio Harper&Collins, la casa editrice del Times Atlas (e di una miriade di altri libri), ha dovuto piegarsi alla verità : «In un comunicato stampa che accompagnava l’uscita dell’atlante, abbiamo erroneamente dato l’impressione che i ghiacci della Groenlandia si siano ridotti del 15 per cento. Ciò non è esatto. Ma le mappe del nostro atlante corrispondono ugualmente alla realtà ». Una mezza ammissione di errore, che secondo gli esperti non sta in piedi. L’ipotesi è che gli autori dell’atlante, studiando i rilevamenti via satellite, abbiano scambiato il ghiaccio per neve e concluso che si era sciolto. Come che sia, una gaffe imbarazzante per il Times Atlas: va bene che la gente non si fida più dei giornali, ma se non si può fidare nemmeno degli atlanti.
Il bello, o il brutto, è che Harper&Collins è di proprietà di Rupert Murdoch, il magnate dell’editoria, proprietario anche del News of the World, il tabloid più venduto d’Inghilterra, chiuso questa estate dopo l’arresto del suo ex-direttore e dell’amministratore delegato per lo scandalo delle intercettazioni illecite di telefonini di vip, vittime di delitti e vedove di guerra. Un tempo Murdoch non sbagliava una mossa, ora non ne fa più una giusta: non solo a Londra, ma perfino tra i ghiacci della Groenlandia.
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