Il conto dell’Europa senza l’euro Dieci volte più caro dei salvataggi

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Non è il primo a rompere il tabù: una proposta del genere era venuta tempo fa anche dal ministro delle Finanze di Berlino Wolfgang Schà¤uble. E a Cernobbio sabato scorso anche Hans-Werner Sinn, uno degli economisti tedeschi più ascoltati, ha previsto che prima o poi l’Olanda o la Finlandia finiranno per staccarsi dalla moneta unica per non dover più pagare per i greci o per i portoghesi.
A Sinn o a Mark Rutte sembrerà  forse una soluzione, ma Ubs ha provato a simulare i costi della rottura dell’euro e ha concluso il contrario. Secondo Stephane Deo, economista dell’istituto svizzero, il costo della fine dell’euro per un contribuente tedesco o olandese sarebbe otto o dieci volte più alto del più caro dei salvataggi: questi ultimi costano al massimo mille euro per contribuente. Ma se la Germania lasciasse l’euro per non dover più sostenere i Paesi deboli, ogni tedesco in età  adulta subirebbe un onere fra i 6 mila e gli 8 mila euro il primo anno e fra i 3.500 e i 4.500 per l’anno dopo. Solo nei dodici mesi dopo la rottura dell’unione monetaria, il costo sarebbe pari al 20-25%.
Se invece a lasciare l’euro fosse un Paese debole come la Grecia, perché incapace di finanziarsi e competere con la moneta unica, il costo sarebbe ancora più alto: secondo Ubs ogni greco subirebbe una perdita fra 9.500 e 11.500 euro il primo anno e di 3-4 mila euro negli anni successivi. Oneri che peserebbero fino alla metà  del Pil del Paese che esce, notevolmente superiori ai sacrifici dell’austerità .
Ciò che accadrebbe in uno scenario di frattura del sistema, secondo Ubs, non è impossibile da prevedere. La moneta dei Paesi periferici che dovessero abbandonare l’euro si svaluterebbe di circa il 60%, come accaduto ai pesos argentini dopo la fine della parità  con il dollaro. Come in Argentina, le banche arriverebbero rapidamente al collasso perché i cittadini cercherebbero di ritirare i loro risparmi per spostarli all’estero. I Paesi del Nord risponderebbero alle violente svalutazioni monetarie con altissime tariffe commerciali, così distruggendo lo spazio del mercato europeo. Anche le banche tedesche o olandesi andrebbero ricapitalizzate a costi altissimi, per le enormi perdite sui titoli dei Paesi del Sud. Le valute dei Paesi del Nord si rivaluterebbero almeno del 40%, mettendo fuori mercato interi settori industriali. La disoccupazione crescerebbe ovunque in Europa, l’instabilità  sociale e politica sarebbe inevitabile. Ma Mark Rutte, dall’Aia, spiega che questa è la soluzione del problema.


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